“Negli ambienti confinati aperti al pubblico, seguire le norme di distanziamento e usare tutti la mascherina è doveroso, ma al contempo non possiamo trascorrere i prossimi mesi estivi soffrendo il caldo nelle nostre case o sul posto di lavoro. È quindi necessario seguire poche semplici regole che ci consentano di usare i nostri impianti in sicurezza” è ciò che afferma Alessandro Miani, presidente della Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA)
Tornando alla domanda contenuta nel titolo di questo articolo la risposta è: sì, il condizionatore va sanificato. La pulizia dei filtri, il controllo della batteria e delle bacinelle di raccolta della condensa possono contribuire a rendere più sicuri gli edifici riducendo la trasmissione delle malattie, compresa la Covid-19.
Non si stratta di una novità dal momento che anche a prescindere dalla Covid-19, oggi sappiamo che la qualità del nostro ambiente indoor influenza il nostro stato di salute. Per questo, preservare la qualità del nostro ambiente è parte integrante dei piani e dei programmi di sanità pubblica.
Alessandro Volpi, esperto SIMA di gestione e manutenzione impianti di trattamento aria, consiglia: “In questo particolare momento di criticità dovuta alla pandemia da Covid-19, ritengo opportuno suggerire a utenti, gestori e manutentori di impianti di climatizzazione, più o meno complessi, di effettuare tutti gli interventi preventivi utili a ridurre il rischio correlato a una non adeguata sanificazione e pulizia degli impianti prima del loro uso“.
A questo proposito, l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha riportato una serie di indicazioni su come pulire correttamente i diversi tipi di condizionatore:
Innanzitutto, come si legge sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità, occorre ricordare che la trasmissione del SARS-CoV-2 avviene prevalentemente mediante il contatto interumano tra persona e persona, attraverso l’inalazione di goccioline (droplet), di dimensioni inferiori ai 5 μm di diametro, generate da tosse o starnuti e dagli atti del parlare e del respirare. Tali droplet generalmente si propagano per brevi distanze. Non ci sono evidenze, al momento, di trasmissione aerea di SARS-CoV-2 [2] anche se è un argomento molto studiato e le conoscenze potrebbero cambiare alla luce di nuovi risultati della ricerca. (Ne abbiamo parlato nel dettaglio nella scheda “Il SARS-CoV-2 si trasmette per via aerea?”)
Negli ultimi giorni ha fatto discutere la segnalazione, da parte del quotidiano The New York Times, di una lettera aperta di due ricercatori (uno australiano e l’altro statunitense) sottoscritta da 239 colleghi che sollecitano maggiore attenzione anche da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) alla diffusione aerea del SARS-CoV-2: “Facciamo appello alla comunità medica e agli organi nazionali e internazionali competenti perché sia riconosciuto il potenziale di diffusione nell’aria di Covid-19. L’esposizione potenziale per inalazione ai virus tramite le goccioline respiratorie microscopiche (microdroplet) è significativa, vuoi a brevi, vuoi a medie distanze (fino a diversi metri o in un raggio d’azione ragionevole di 2 metri per uno e mezzo) e raccomandiamo l’uso di misure preventive per mitigare questa via di trasmissione aerea”[4]. Nulla, dunque, di particolarmente nuovo rispetto a quanto già non fosse noto. Si aspettano, comunque, ulteriori studi sull’argomento.
Benedetta Allegranzi, dirigente tecnico dell’OMS per la prevenzione e il controllo delle infezioni, ha confermato che sono emerse prove della trasmissione aerea del coronavirus, ma che le evidenze non possono essere considerate definitive. “La possibilità di trasmissione aerea in ambienti pubblici – specialmente in condizioni molto specifiche, ambienti affollati, chiusi, scarsamente ventilati – non può essere esclusa”, ha detto. “Tuttavia, le prove devono essere correttamente raccolte e interpretate e continuiamo a supportare la ricerca in questo ambito“.
Tornando alla domanda iniziale, diverse persone in questo periodo temono che l’aria condizionata possa aumentare la trasmissione del virus. Dubbi legittimi sollevati anche da uno studio pubblicato sulla rivista Emerging Infectious Diseases. Gli autori dello studio, infatti, portano ad esempio l’esplosione di casi di Covid-19 all’interno di un ristorante di Guangzhou, in Cina, proprio dovuta all’aria condizionata che ha trasportato nell’ambiente diverse goccioline di saliva.
Occorre, però, fare attenzione. Lo studio, per ammissione degli stessi medici cinesi che lo hanno redatto, aveva dei limiti di tipo metodologico: non sono state fatte simulazioni del flusso d’aria né test sierologici sui negativi al tampone presenti nel ristorante. Ancora, si legge in un articolo uscito sulla rivista americana Forbes che “bisogna essere cauti di fronte a un singolo studio. Capita spesso che i media e i politici facciano riferimento ai risultati di un singolo studio“. È dunque una ricerca da considerare con cautela.
Si legge, invece, sul sito del Governo britannico che “il rischio che l’aria condizionata diffonda il coronavirus è estremamente basso. È possibile continuare a utilizzare la maggior parte dei sistemi di climatizzazione normalmente. Tuttavia, se si utilizza un sistema di ventilazione centralizzato che muove e fa circolare l’aria in ambienti diversi, si consiglia di disattivare il ricircolo e di utilizzare una sorgente di aria fresca“.