Il 15 giugno del 1918 l’ormai agonizzante Impero Austro-Ungarico sferrava sul fronte italiano quella che sarebbe stata la sua ultima offensiva della Grande Guerra e in definitiva della sua storia, visto che a causa della sconfitta subita sul fronte italiano, il secolare impero si dissolverà pochi mesi dopo.
Il nome “battaglia del solstizio” fu ideato dal poeta Gabriele D’Annunzio, che il 9 agosto, con 11 aeroplani Ansaldo sorvolerà Vienna gettando dal cielo migliaia di manifestini, inneggianti alla vittoria italiana. Il fatto d’arme più tecnicamente chiamata “Offensiva nel Veneto” dallo Stato Maggiore Austro-Ungarico, reiterava in pratica gli sforzi offensivi iniziati a Caporetto e proseguiti con il primo tentativo di superare il Piave nel novembre del ‘17, si sarebbe dovuta svolgere all’inizio dell’estate, in giugno appunto.
I motivi principali della stessa erano essenzialmente due: il primo, e forse il principale, era il fatto che le armate imperiali in gravi difficoltà di approvvigionamento, volevano raggiungere la fertile pianura padana. Il secondo motivo risiedeva nella grave difficoltà interna dell’Impero per il protrarsi della guerra, era necessario dare una svolta alla guerra per risollevare il morale.
La vittoria sul fronte italiano avrebbe inoltre consentito di liberare forze da concentrare in un secondo momento sul fronte franco-tedesco e questo era quello che desiderava fortemente la Germania anch’essa in difficoltà sul fronte occidentale. L’offensiva fu preparata quindi con grande cura e larghezza di mezzi dagli austriaci che vi impegnarono ben 66 divisioni. Sul fronte risultavano contrapposte notevolissime forze, circa un milione di uomini sia sul fronte italiano sia su quello nemico con circa settemila pezzi di artiglieria schierati sui rispettivi fronti.
La grande concentrazione di forze non era tuttavia sfuggita ai nostri reparti e alla nostra osservazione aerea e i comandi italiani si erano pertanto preparati per parare il piano dello stato maggiore asburgico. Prima ancora che le forze austriache iniziassero la manovra, nella zona del Monte Grappa e dell’ Altopiano dei Sette Comuni le artiglierie italiane iniziarono a martellare pesantemente le posizioni degli austriaci, lasciandoli disorientati.
Le artiglierie del Regio Esercito, appena dopo la mezzanotte, per quasi cinque ore spararono decine di migliaia di proiettili di grosso calibro, tanto che gli alpini che salivano a piedi sul Monte Grappa videro l’intero fronte illuminato a giorno sino al mare Adriatico. Venne attuata la tattica della “contropreparazione anticipata”, in particolare da parte dell’artiglieria della 6ª Armata (Regio Esercito), comandata dal Gen. Roberto Segre, dal quale dipendeva il VII Gruppo (poi 7º Gruppo Autonomo Caccia Terrestre).
Da quel giorno il 15 giugno è diventato la data in cui si celebra la festa dell’Artiglieria, mentre il 24 giugno, giorno in cui le armate austro-ungariche vennero definitivamente sconfitte, nella battaglia che segnò il tramonto definitivo dell’Impero asburgico, è diventata la data della festa del Genio militare.
Dopo questa breve e doverosa divagazione, torniamo alla battaglia che infuriava nelle prime ore del mattino del 15 giugno sul fronte italiano. La mattina dell’attacco, sin dalle 4 il comandante delle truppe austriache, il feldmaresciallo Boroevic, si era appostato sul suo posto di osservazione in cima ad un campanile di Oderzo, per osservare l’effetto del bombardamento delle linee italiane.
Il comandante del III gruppo armate del Piave, considerava questa offensiva come uno sforzo suicida, essendo convinto dell’inevitabile sconfitta finale, egli avrebbe preferito preservare l’esercito per la salvezza della monarchia, ma la sua patria era ormai indissolubilmente legata alla Germania, e la Germania voleva l’offensiva in appoggio strategico alla propria che si svolgeva sul fonte occidentale.
Le truppe austriache scaricarono sulle linee oltre il Piave un gran numero di granate lacrimogene ed asfissianti che tuttavia ottennero ben pochi risultati, grazie alle maschere a gas “inglesi” usate dagli italiani, durante la Battaglia del Solstizio gli Austriaci spararono 200mila granate lacrimogene ed asfissianti. Sul fronte del Piave, quasi 6.000 cannoni austriaci sparavano sino a S.Biagio di Callalta e Lancenigo e diversi proiettili da 750 kg di peso, sparati da un cannone su rotaia, nascosto a Gorgo al Monticano, arrivarono fino a 30 km di distanza, colpendo Treviso.
La mattina del 15 giugno 1918, gli austriaci arrivando da Pieve di Soligo-Falzè di Piave, riuscirono a conquistare il Montello e il paese di Nervesa, ma per loro si preannunciava una dura battaglia, le sue truppe erano fortemente contrastate dalle armate italiane e dalla nostra aviazione militare, che intervenne in forze nella battaglia.
Il contributo dell’arma aerea fu fondamentale, sia mitragliando il nemico volando a bassa quota per rallentare l’avanzata, sia bombardando incessantemente dall’alto, le passerelle gettate sul Piave dagli austriaci, ciò comportò un rallentamento nelle forniture di armi e viveri. Ma nonostante il valore dei soldati il destino della battaglia e dell’ impero Austro-Ungarico erano ormai segnati.