Chi non ha mai provato a scavare una buca, almeno da bambino? Sopratutto in questo periodo dell’anno, nelle spiagge di tutta Italia con l’intento di creare castelli di sabbia, piste per le biglie, buche nelle quali far cadere gli amici e molto altro. Scavare è un comportamento tipico dell’uomo e di molti altri animali, incluse alcune specie che vivono prevalentemente sugli alberi. Ma quanti hanno sradicato dal terreno, a mani nude, un rizotubero, particolare radice dalla forma ingrossata?
Uno studio sui cebi barbuti, un genere di primati conosciuti anche col nome di “scimmie cappuccine“, condotto da Valentina Truppa ed Elisabetta Visalberghi dell’Istituto di scienze e tecnologie della cognizione del Cnr (Cnr-Istc), in collaborazione con l’Università di San Paolo (Br) e l’Università della Georgia (Usa), ha mostrato che queste scimmie arboricole impiegano abilità manuale, tempo e ingegno per estrarre queste radici ricche di sostanze nutritive, avendo cura di pulirle dalla terra e di rimuoverne la scorza prima di mangiarle.
“Nell’ambito del progetto internazionale ‘EthoCebus’, è stata effettuata una ricerca sistematica sul comportamento adottato da questi primati per estrarre dal terreno i rizotuberi e sfruttarne le sostanze nutritive”, ha spiegato Valentina Truppa. “Per tre mesi abbiamo seguito, nei loro spostamenti, un gruppo di cebi di Fazenda Boa Vista, in Brasile, a pochi metri di distanza, filmandone le azioni. Riprendere in video le mani dei primati in natura è molto difficile e lo è ancor di più nel caso dei cebi, scimmie delle dimensioni di un gatto e molto rapidi nei movimenti”.
Il comportamento è stato analizzato fotogramma per fotogramma, dando modo ai ricercatori di indentificare sei fasi sequenziali: scavo, estrazione, trasporto, rimozione dei residui di terra e della scorza e infine frantumazione della parte interna della radice.
“Abbiamo documentato che i cebi scavano a lungo, anche per una decina di minuti, e che per loro è un grande sforzo estrarre una radice visto che le loro mani, come le nostre, non hanno artigli robusti adatti a fare buche. Quando buona parte della radice è dissotterrata, l’afferrano con la bocca e, puntando le quattro zampe a terra, tirano vigorosamente il corpo all’indietro”, ha evidenziato Elisabetta Visalberghi del Cnr-Istc.
“Una volta trasportato il ‘bottino’ al sicuro sugli alberi, inizia un’accurata rimozione del terriccio, rotolando e strofinando la radice tra le mani e contro la corteccia. E’ chiaro che i cebi vogliono evitare di introdurre terra in bocca. Questo comportamento adattativo ha almeno due buone ragioni: evita l’usura dei denti e previene l’ingestione di parassiti intestinali”.
I cebi adulti hanno la capacità di valutare meglio dei giovani quando hanno scavato a sufficienza ed è il momento di estrarre il rizotubero dal terreno. Un’abilità che aumenta di apri passo con l’esperienza e quindi con l’età. Gli adulti sono più efficienti non solo grazie alla loro maggiore forza fisica, ma anche perché l’esperienza accumulata evita loro di sprecare energie in inutili tentativi.
Il fatto che i cebi siano disposti ad impegnarsi così tanto per ottenere rizotuberi è facilmente spiegabile alla luce di un altro studio del progetto EthoCebus: un’altra ricerca ha dimostrato che quando i cebi di Fazenda Boa Vista si nutrono tendono a raggiungere uno specifico bilanciamento tra energia proteica e non proteica, più che a massimizzare l’apporto di energia.
“Lo stretto legame fra un uso abile e flessibile delle mani di questi animali, anche in coordinazione con altre parti del corpo e con superfici esterne, e la capacità di rimanere a lungo impegnati per estrarre risorse alimentari da matrici resistenti, emerso nei cebi, dimostra che queste capacità hanno lontane origini evolutive nei primati”, ha infine concluso la dottoressa Visalberghi.
Norbert Ciuccariello