Da alcuni anni si sente parlare di hikikomori, ma che cosa si intende con questo specifico termine? Si intende descrivere in questo modo una sindrome che colpisce i giovani ed i giovanissimi.
Il significato della parola hikikomori – termine giapponese che deriva dal verbo “hiku”, ovvero tirare indietro e da “komoru”, cioè ritirarsi – è isolarsi, stare in disparte. Un termine che nasce per definire un fenomeno caratterizzato principalmente dal ritiro sociale, un volontario isolamento dal mondo esterno ed un totale rifiuto da ogni forma di relazione.
Tale disturbo, osservato soprattutto in Oriente, oggi non è ancora una diagnosi ufficiale del DSM-5, ma richiede comunque l’intervento di uno specialista della salute mentale.
Secondo alcuni psicologi e psichiatri, chi soffre di hikikomori non solo rifiuta ogni forma di relazione, ma ha anche un rifiuto per la luce del sole e per questo, spesso, i giovani sigillano anche le finestre con carta scura e del nastro adesivo.
In genere il ritiro sociale è sintomo di numerose patologie psichiatriche ed è spesso presente in pazienti con depressione, schizofrenia e fobia sociale. Ma questa grande diffusione dell’ikikomori ha portato gli esperti a considerarlo un fenomeno a sé.
Gli hikikomori sembrano essere soprattutto giovani tra i 14 ed i 30 anni di età e maschi nel 70-90% dei casi. Le indagini giapponesi avrebbero identificato oltre un milione di casi, con una grande incidenza anche nella fascia di popolazione over 40, questo perché si tratta di un disturbo che tende a diventare cronico, rischiando di perdurare anche tutta la vita.
In Italia questo problema sta aumentando, specialmente a causa della pandemia. Ad oggi si stimano circa 100 mila casi nel nostro Paese.
Nonostante a livello internazionale non vi sia ancora una definizione ufficiale dell’hikikomori, il Ministero della Salute giapponese ne ha indicato alcuni sintomi specifici:
Sintomi che possono però variare per intensità e frequenza.
Per ora si esclude la diagnosi di hikikomori nel caso siano presenti disturbi psichiatrici di maggiore gravità che possano sovrapporsi ai sintomi di ritiro sociale (ritardo mentale, schizofrenia, forte depressione, etc).
La vita degli hikikomori si svolge quindi all’interno della loro casa, o camera da letto, e le uniche interazioni con l’esterno avvengono attraverso il web, mediante le chat, i social network ed i videogame.
Mentre per quanto riguarda le cause principali dell’hikikomori, gli esperti hanno riscontrato:
Secondo alcuni studi, alcuni esperti hanno ipotizzato la suddivisione dell’hikikomori in tre stadi:
Il giovane comincia a percepire la pulsione all’isolamento sociale, senza però elaborarla consciamente. Si accorge di provare del malessere quando si relaziona con altre persone e trova sollievo nella solitudine. In questa fase l’hikikomori tenta a contrastare tale pulsione e continua a mantenere le attività sociali con il mondo esterno, anche se preferisce quelle virtuali.
Il giovane adotta dei comportamenti che prevedono: rifiuto saltuario di andare a scuola utilizzando scuse di ogni genere, progressivo abbandono delle attività che richiedono un contatto diretto con l’esterno, graduale inversione del ritmo sonno-veglia e la preferenza per le attività solitarie (in genere guardare la tv, giocare ai videogames, utilizzo di tecnologia varia).
Il giovane comincia ad elaborare la pulsione all’isolamento e la attribuisce razionalmente ad alcune relazioni o situazioni sociali. In questa fase si cominciano a rifiutare le uscite con gli amici, si abbandona progressivamente la scuola e si inverte totalmente il ritmo sonno-veglia.
Qui i contatti con il mondo esterno avvengono solo virtualmente e si hanno, spesso, rapporti conflittuali con i genitori e con gli altri membri della famiglia.
Il giovane abbandona completamente la pulsione di isolamento sociale e si allontana anche dai genitori e dalle relazioni sviluppate in rete, che cominciano a provocargli grande malessere, quasi come le relazioni tradizionali con il mondo esterno.
Si sprofonda nell’isolamento quasi totale, esponendosi ad un grande rischio di sviluppare psicopatologie (soprattutto di natura depressiva e paranoica).
Si tratta di fasi che non vanno intese in modo rigido, bensì come una dinamica che può comportare ad un’alternanza periodica tra i vari stadi: lunghi periodi di stabilizzazione, improvvise regressioni, ricadute o miglioramenti.
Molti sono i giovani tra i 14 ed i 30 anni colpiti da hikikomori ed in particolare i giovani di sesso maschile.
Le ricerche sul fenomeno dell’hikikomori sono proliferate negli ultimi anni e sono stati sviluppati alcuni test psicometrici al fine di individuare meglio il disturbo e favorirne la cura. Anche se, ad oggi, questa sembra essere ancora lontana dall’essere definita e sono già state provate varie strategie terapeutiche.
Per tale motivo è molto importante intervenire già nel primo stadio, cominciando con una buona comunicazione con il giovane, in modo da intervenire quando si manifestano i primi campanelli d’allarme.
Anche perché una volta raggiunto il terzo stadio, riuscire a tornare alla vita sociale è molto difficile e viene spesso richiesto un lungo intervento, intenso ed articolato, che potrebbe durare anche degli anni.
Nel caso si sospettasse di hikikomori è fondamentale consultare il proprio medico di fiducia e, nel caso, uno specialista.
Valeria Glaray