Israele prova a proporsi come mediatore tra la Russia e l'occidente
Con una mossa a sorpresa il premier israeliano Naftali Bennett è volato a Mosca dove ha incontrato il presidente russo Vladimir Putin. I due sono rimasti a colloquio per 3 ore. Poi, Bennett ha parlato al telefono con il presidente ucraino Zelensky, prima di volare a Berlino per vedere il cancelliere tedesco Scholz.
Israele, insomma, prova a proporsi come mediatore. La posizione della stato ebraico è mediana: condanna l’invasione dell’Ucraina, e infatti all’Onu ha votato insieme all’Occidente contro la Russia. Ma nel contempo non ha dato sostegno militare a Kiev perché vuole mantenere rapporti con Mosca a causa dell’alleanza tra Russia e Siria e della simpatia per Mosca dell’Iran, da sempre nemico di Israele. Nel lungo colloquio, Putin e Bennett avrebbero parlato della situazione delle comunità ebraiche in Ucraina, ma anche del nucleare iraniano, di cui si discute a Vienna.
Bennett, che è ebreo praticante, ha violato le regole dello Shabbat pur di intraprendere la missione. Un dettaglio che però dimostra l’importanza del viaggio, del quale il primo ministro aveva comunque informato in anticipo Stati Uniti, Francia e Germania.
Questo mentre la prima tregua umanitaria su cui le parti si erano accordate è fallita. Le bombe russe sono continuate a cadere su Mariupol e Volnovakha, impedendo l’apertura dei corridoi umanitari. Nel frattempo è stato fissato per lunedì, sempre a Brest in Bielorussia, il terzo round del negoziato tra Ucraina e Russia.
A Mosca il clima è sempre più irrespirabile e la libera informazione sempre più compressa. Facebook e Twitter non sono accessibili su tutto il territorio russo. E da oggi per i giornalisti stranieri è sempre più difficile lavorare. Tanto che la Rai, il Tg5 e l’Ansa hanno annunciato lo stop ai servizi dalla capitale russa. Il motivo è la nuova legge approvata dalla Duma, il parlamento russo, che prevede il carcere fino a 15 anni per il giornalisti che parlano di invasione dell’Ucraina.