• 19 Dicembre 2024
  • A TAVOLA

Gran bollito misto: un piatto amato da Cavour e dal re Vittorio Emanuele II

Chi non conosce il bollito misto? Nessuno. Ne siamo convinti. In Piemonte poi la certezza è praticamente scontata. Il bollito è uno di quei piatti che hanno fatto la storia accompagnando chi la storia l’ha scirtta. E scusate il bisticcio di parole. Era sicuramente tra quelli preferiti di personaggi come Camillo Benso Conte di Cavour e Re Vittorio Emanuele II di Savoia ma il Gran bollito misto piemontese ha una storia ancora più antica, fatta di rituali e precetti codificati e di una preparazione semplice ma lenta e paziente. Una preparazione che nasconde numerosi accorgimenti e segreti,  indispensabili per una buona riuscita. Innanzitutto è fondamentale la scelta della carne che deve essere di bue adulto, ben frollato e “mostoso”, ossia non troppo magro, con venature di grasso bianco e morbido.

L’origine del piatto, detto anche Bollito dei sette tagli, sembra che sia legata alla secolare consuetudine dei mercati di bestiame piemontesi. Nel corso del tempo, verosimilmente per via della sua grande bontà, si sarebbe diffuso anche in altre parti d’Italia, sebbene attualmente in pochi riescano a prepararlo in maniera completa. È a partire dai primi del Novecento che il Bollito diviene un piatto solenne, presentato ai grandi banchetti familiari o consumato con gli amici. Tra i piatti preferiti da Camillo Benso Conte di Cavour, di cui conosciamo l’amore per la buona tavola a cui attribuiva anche virtù diplomatiche, il “Gran bollito misto piemontese” piaceva molto a Vittorio Emanuele II, noto buongustaio e ottimo bevitore, oltre che superbo cacciatore. Amante dei vini tradizionali piemontesi, ed in particolar modo del Barolo, il re gradiva pranzi ufficiali molto più brevi di quanto si usasse nelle altre corti europee. Ad un austero formalismo, infatti, contrapponeva la passione per il buon cibo nei momenti privati. Tra i suoi piatti preferiti si ricordano i tajarin, la selvaggina, la bagna cauda, le uova sode servite con prezzemolo e olio e appunto il Gran bollito misto piemontese.

Il re considerava la Corte di Torino “bigotta e noiosissima dove era costretto a recite di devozioni, a portare rigide uniformi dai colletti alti e duri, e a mangiare male, cattivi brodetti magri e speziati, alla maniera della corte di Vienna”. Per questo motivo, quando ancora era Principe di Savoia, era solito scappare per recarsi a Moncalvo, con tre obiettivi: andare a caccia, fruire di spicciativi amori con giovani contadine compiacenti e dedicarsi, con gli amici, ad allegre libagioni di bollito, generosamente accompagnato dal Barbera.

Più tardi, la pietanza preferita da Vittorio Emanuele II (non a caso definita in passato Grande Bollito Storico Risorgimentale Piemontese), farà il suo ingresso nella letteratura gastronomica, ricordata nel testo Cucina borghese. Semplice ed economica, di Giovanni Vailardi del 1887.

Sono sette i tagli di carni previsti che devono essere cotti separatamente e immersi in acqua bollente: il loro pregio è dato dal diverso punto di cottura nello stesso tempo, controllabile con una forchetta.  I pezzi devono essere legati e steccati con qualche chiodo di garofano, posti in acqua bollente appena salata con cipolla, sedano, carota, spicchio d’aglio intero (a togliere) e ramo di rosmarino.  Durante la cottura schiumare abbondantemente il brodo. I tagli previsti sono scaramella  (bianco costato di reale, parte alta del reale); punta di petto; fiocco di punta; cappello del prete; (parte superiore della scapola con muscoli); noce (muscolo della coscia): tenerone (muscolo lungo della spalla traversato da cartilagine); culatta (parte superiore della groppa tra sottofiletto e coscia).

Separatamente, ma con modalità eguali alle precedenti devono essere cotti sette ammennicoli o frattaglie di carne: gallina, testina, zampino (da disossare), lingua, lonza (petto sottile ed un po’ grasso da scottare prima al forno con aromi e rosmarino), coda, cotechino. Prima di portare in tavola a pezzi su carrello caldo, regolare con il sale cospargendo di sale grosso.

Le carni devono essere accompagnate da un servizio completo di verdure: cipolline passate al burro, patate lesse, rape lesse, foglie di verza lessate, zucchine ripassate al burro, carote lesse, finocchi ripassati alburro.

Anche le salse tradizionali servite con il bollito sono sette: salsa verde ricca, salsa verde rustica, salsa rossa, salsa al cren, salsa cugnà, salsa al miele, mostarda.

Piero Abrate

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Piero Abrate

Giornalista professionista dal 1990, in passato ha lavorato per quasi 20 anni nelle redazioni di Stampa Sera e La Stampa, dirigendo successivamente un mensile nazionale di auto e il quotidiano locale Torino Sera. È stato docente di giornalismo all’Università popolare di Torino.

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