Non si può fare a meno di provare rabbia e dolore per il tragico incidente accaduto ieri mattina sulla funivia che da Stresa porta alla vetta del Mottarone, nella quale hanno perso la vita 14 persone, tra cui due bambini. L’unico superstite è Eitan, il piccolo di 5 anni che in queste ore sta lottando tra la vita e la morte.
La rabbia è nei confronti di uno schianto che non sarebbe dovuto accadere, proprio nel weekend di riapertura degli impianti di risalita dopo mesi di stop forzato, soprattutto perché l’ultimo intervento di manutenzione sull’impianto (il controllo magnetoscopico sulla fune) era avvenuto a novembre scorso e in quell’occasione non era stata rilevata alcuna anomalia.
Il dolore è per le vite spezzate di coloro i quali pensavano di poter passare finalmente una giornata spensierata all’aria aperta, a contatto con la natura, in compagnia delle persone amate dopo tanti mesi nei quali eravamo stati costretti a rimanere a casa per combattere quel maledetto virus che da più di un anno ci ha stravolto l’esistenza. Immenso dolore per tutte le famiglie coinvolte che in questo momento stanno piangendo i propri cari.
Ma c’è un ulteriore sentimento che contraddistingue questa tristissima vicenda, che fa a pugni con i precedenti. Talmente potente da pervadere la cabina della funivia sin dal fatidico ingresso dei 15 passeggeri e che nonostante lo schianto a terra continua a diffondersi in tutto il Paese: questo sentimento è l’Amore, quello con la A maiuscola. Sei erano le coppie di innamorati presenti in cabina, più i tre bambini, ognuna delle quali esprimeva un tipo di amore diverso: quello tra due fidanzati che sognano di costruire una vita insieme, quello di due compagni che si rimettono in gioco dopo storie che ad un certo punto della vita si sono concluse, quello di due giovani che cercano di crescere al meglio i propri figli, quello di due coniugi, l’uno accanto all’altra da una vita, con la voglia di trasmettere la propria esperienza a figli e nipoti.
C’è un immagine alla quale non si può fare a meno di pensare, che esprime alla massima potenza l’amore immenso di un genitore nei confronti di un figlio: fonti vicine all’ospedale Regina Margherita di Torino ipotizzano che negli attimi successivi alla caduta della cabina Amit Biran, papà di Eitan, abbia stretto forte a se il figlio per proteggerlo dall’imminente impatto. Un gesto tanto istintivo quanto provvidenziale che ha salvato il piccolo da morte certa, anche se ha riportato lesioni gravissime in diverse parti del corpo.
Ieri sera, dopo l’arrivo in ospedale, il bambino ha subito un intervento per mettere in sicurezza le fratture che aveva agli arti inferiori e superiori e attualmente è sedato e intubato. Il direttore del reparto rianimazione, Giorgio Ivani, ha spiegato che nel corso della giornata verrà fatta una risonanza magnetica per valutare le condizioni del cervello, ma al momento sarebbe prematuro parlare di danni permanenti. Eitan rimarrà in prognosi riservata per le prossime 48 ore.
Al Regina Margherita, nella tarda serata di domenica, è arrivata la zia di Eitan, Aya Biran, sorella del padre. La famiglia, di origini israeliane, viveva nel Pavese. “Ho saputo cos’era successo dai messaggi di WhatsApp. Ho cominciato a ricevere tanti ‘mi dispiace’ e non capivo perché”, ha raccontato la donna fuori dall’ospedale. Dopo i messaggi sul cellulare “ho chiamato mio fratello che non mi ha risposto, così anche mia cognata – racconta ancora la zia -. Due ore dopo abbiamo ricevuto la conferma dei carabinieri e capito che mio nipote era vivo perché il suo nome non era nell’elenco delle vittime”.
La donna, di professione medico in un carcere del Pavese, non si sbilancia sulle condizioni del nipotino che restano critiche. “Non sappiamo quale sarà la direzione, il trauma subito include un trauma cranico, bisogna vedere come evolverà la situazione”, si limita a dire. “Ho perso mio fratello, mia cognata, un altro nipotino – dice – e con loro sono morti anche i nonni di mia cognata, che dopo aver ricevuto il vaccino in Israele avevano deciso di venire in Italia per stare un po’ con i nipoti e pensando ‘cosa mai può succedere in Italia’”.
Questa tragica fatalità non sarebbe dovuta mai accadere ma dovrebbe farci riflettere su quanto la vita sia importante e come sia attaccata ad un filo sottilissimo capace di spezzarsi da un momento all’altro. Per questo motivo dovremmo cercare di viverla al massimo e dimostrare il nostro amore alle persone care. E pensare che alle volte tra genitori e figli, mogli e mariti, nonni e nipoti, o addirittura tra amici si fa una fatica a immensa a regalare un abbraccio. Perché come canta Vasco Rossi in Sally:
Perché la vita è un brivido che vola via
È tutto un equilibrio sopra la follia
Sopra la follia