Sicuramente a molti, come del resto anche al sottoscritto, sarà capitato di parlare almeno una volta nella vita con alcune persone, soprattutto quelle più adulte di noi, e sentirle pronunciare l’inconfondibile incipit: “Ai miei tempi…“.
Mi sembra ancora di risentire nelle orecchie certe frasi del tipo: “Ai miei tempi era tutto diverso”, “Ai miei tempi certe cose non accadevano“, “Ai miei tempi c’era più rispetto“, “Ai miei tempi bastava poco per divertirsi“, “Ai miei tempi non erano permesse certe libertà” e potrei proseguire con un’infinità di luoghi comuni.
La singolarità più particolare legata a questo fatto è che se fino a qualche anno fa pensavamo che questo modo di esprimersi appartenesse esclusivamente ai nostri nonni e ai nostri genitori, al giorno d’oggi c’è un’altra generazione che si è appropriata di questo linguaggio rivolto prevalentemente al passato e caratterizzato da una malinconica nostalgia di fondo per qualcosa a cui eravamo molto affezionati e che ora non c’è più. È quella generazione nata a cavallo tra gli anni ’70 e ’80.
Uno dei punti di vista più interessanti per raccontare questo fenomeno ce lo ha fornito Fabio Lucentini, grafico padovano con una grande propensione artistica che esprime in campi come la pittura, la scultura, la musica e la scrittura, che attraverso il suo libro “Cresciuti a pane e Goldrake” (disponibile al sito www.fabiolucentini.it/libri) ci offre una testimonianza diretta di quella è stata definita la “Goldrake Generation“.
E non è un caso che questa intervista venga pubblicata il 4 aprile: esattamente 42 anni fa, nel 1978, alle ore 18:45, durante la trasmissione Buonasera con… in onda su Rete 2 (quella che in seguito sarebbe diventata Rai 2), la presentatrice Maria Giovanna Elmi annunciò l’esordio in tv del cartone animato “Atlas UFO Robot“. Come afferma Lucentini nel libro “…da quel momento in poi nessuno sarebbe mancato all’appuntamento per non perdersi un nuovo episodio; in caso contrario per gli sfortunati bambini si sarebbe rivelata una vera e propria tragedia“
Quando ci fu la prima messa in onda di Goldrake avevo quasi tre anni e ho ricordi confusi. Successivamente vidi le repliche e questo è il mio unico rimpianto. Se solo avessi avuto qualche anno in più…Comunque sia fu lo stesso un evento unico perché subito dopo Goldrake fummo travolti da oltre 200 cartoni animati giapponesi.
Goldrake è stato il primo cartone robotico trasmesso in Italia, ha stravolto la nostra infanzia con le sue tematiche adulte e l’innovazione dei disegni. A partire dalla messa in onda di Atlas UFO Robot tutti i cartoni americani finirono in secondo piano, quasi snobbati. Una differenza di stile e morale che fece apparire vecchio tutto quello che avevamo visto prima e diventando prepotentemente il principale argomento di discussione a scuola.
Fanno parte della “Goldrake Generation” tutti coloro che hanno vissuto questo momento magico fatto di cartoni animati in tivù a cavallo tra gli anni ’70 e ’80, che si è staccata dalla generazione precedente molto impegnata politicamente e reduce da un periodo buio dell’Italia contraddistinto da rapimenti e tragiche morti, per abbracciare invece un periodo ludico e agiato.
Non è un caso che in quel periodo cominciassero a nascere le televisioni private e proprio i cartoni animati giapponesi furono per quest’ultime una vera fortuna. Naturalmente anche la Rai con Goldrake, e le successive serie animate, ebbe dei notevoli introiti nonostante l’avversità di alcuni genitori che volevano sospendere i cartoni giapponesi per la loro presunta violenza. Non dimentichiamo inoltre che l’immagine del robot protagonista era stampata ovunque, dai prodotti alimentari a quelli scolastici: una vera mania grazie alla quale molti si sono arricchiti.
Anche le sigle ebbero la loro importanza, tanto quanto il cartone animato stesso. La fortuna della sigla di “Atlas UFO Robot” si deve a due artisti musicali di grande talento come Vince Tempera, alla composizione musicale ed arrangiamenti, e Luigi Albertelli, ai testi, che optarono per scrivere brani adulti nonostante fosse un prodotto inizialmente destinato ai bambini. Riuscirono a far arrivare le loro sigle in vetta alle classifiche raggiungendo anche il milione di copie. Ovviamente da questo riscontro di pubblico ci fu un business anche con le sigle tanto che uscì addirittura un LP dedicato a Goldrake, ma si trattava comunque di un prodotto di qualità con cantanti e musicisti di alto livello, cosa che a mio avviso oggi non avviene.
Specifico che per genere mecha si intendono quelle serie animate che riguardano i robot. Furono quelli più importati dopo il successo strepitoso di Goldrake nella speranza di poter raggiungere lo stesso giro di affari, una circostanza che in parte si è verificata anche se in maniera molto più blanda. Voglio ricordare che Goldrake, al contrario delle altre serie animate giunte successivamente, che ha avuto l’onore e l’onere di essere l’apripista del genere, ha avuto aspre critiche ovunque, dai presentatori televisivi a genitori perbenisti e psicologi, tanto da arrivare addirittura ad un’istanza parlamentare. Terminato il genere robotico si iniziò ad importare cartoon di qualsiasi genere: sportivo, demenziale, storico, fantascientifico, solo per citarne alcuni. In pratica 30 anni di animazione giapponese sono stati riproposti in Italia nel giro di pochi anni.
L’idea di scrivere il libro è dettata dal fatto che non tutti sono consapevoli di quel che è accaduto attorno al fenomeno Goldrake, ma soprattutto volevo in qualche modo mostrare una fotografia di quegli anni, dei miei coetanei che hanno vissuto quel periodo magico e che per molti è diventata una via di fuga dalla realtà. Inoltre da YouTube ho raccolto una serie di commenti che ho ritenuto molto significativi sull’argomento: ho notato che mia generazione, dopo aver guardato le repliche dei cartoon dell’epoca oppure dopo aver riascoltato le sigle, era molto propensa a confidare le proprie aspettative e le proprie delusioni davanti a quei personaggi che hanno segnato la loro infanzia.
Sono molti i motivi che fanno rimpiangere ai miei coetanei quel periodo fatto di tv e panini alla nutella. Era un periodo dove l’Italia stava bene economicamente, e la televisione ci ha aiutato a fantasticare. Specialmente i cartoni animati giapponesi, che ci hanno insegnato una morale episodio dopo episodio e in qualche modo ci hanno illuso che da grandi la vita sarebbe stata magnifica. La realtà purtroppo è ben diversa e la delusione per molti è stata inevitabile. Abbiamo avuto un’infanzia perfetta, nettamente in contrasto con la dura realtà da adulti.
Certamente il fattore nostalgia dell’infanzia tocca qualsiasi generazione, ma la nostra è quella che la rimpiange di più e forse ne fa una vera e propria mania. Io che l’ho vissuta in prima persona posso capirli appieno e comunque difficilmente vedrai i nostri genitori o nonni commuoversi per queste cose. Loro hanno vissuto la guerra, non c’era molto tempo da dedicare ai sogni, al contrario di noi che ne abbiamo avuti anche troppi.
La mia generazione si colloca al momento giusto, dopo alcuni decenni dalla guerra e con l’avvento della tecnologia che abbiamo vissuto nelle giuste dosi: qualche ora di tivù da bimbi e poi fuori a giocare, i cellulari sono arrivati solamente quando eravamo alla fine delle scuole superiori e successivamente è arrivato il boom di internet. Le generazioni di oggi hanno sempre uno schermo davanti al viso e non sanno nemmeno giocare a nascondino. Tanta tecnologia e poco sentimento.
Massimo Luca l’ho conosciuto proprio durante l’intervista per la realizzazione di questo libro ed è nata un’autentica amicizia tra noi. Lui è il co-autore della sigla di Goldrake e di molte altre sigle di cartoni animati, ma è conosciuto prevalentemente per le innumerevoli collaborazioni con i più grandi cantautori italiani. Massimo è un adulto che non ha mai smesso di sognare ed è per questo che ha abbracciato il progetto di scrivere una canzone per la “Goldrake Generation” che abbiamo voluto intitolare ‘SOS GOLDRAKE‘. Non è solo un brano nostalgico ma anche un monito per le nuove generazioni che stanno perdendo i veri valori per rincorrere un’apparenza fatta di fama, soldi e successo, senza conoscere il sacrificio. Si può dire che il brano sia portatore dello stesso messaggio del libro che ho scritto.
Difficile dire quali saranno i miei progetti futuri, come ben sai sono un artista incostante, ora mi sono ritrovato ad essere un YouTuber per caso e per il momento mi diverto realizzando alcune parodie che accostano cartoni animati a personaggi politici, ma non escludo che possa scrivere qualche altro romanzo o imbattermi in un progetto musicale da solista, magari con l’aiuto di Massimo. Comunque vada nel frattempo continuo sempre a dipingere su commissione gli eroi della nostra mitica infanzia.
Carlo Saccomando