Ieri, 30 dicembre, come preannunciato, il Tribunale del Riesame, si è riunito per decidere le sorti dell’Afo2 dell’ex Ilva di Taranto. Si deve infatti esprimere riguardo il ricorso presentato dai legali del polo siderurgico, in amministrazione straordinaria, contro il respingimento dell’istanza di proroga della facoltà d’uso dell’impianto. Proseguire i lavori, o spegnere l’acciaieria? I giudici hanno rimandato la decisione: avranno tempo fino al 7 gennaio prossimo per prendere provvedimenti in un senso, o nell’altro. La Corte Costituzionale, con una sentenza del febbraio 2018, aveva già stabilito l’illegittimità costituzionale dell’articolo del decreto (art. 3 del d.l. n. 92 del 2015) che concedeva la facoltà d’uso all’altoforno 2. Se lo spegnimento avverrà, ci saranno 6mila cassaintegrati in più, e la produzione scenderà a tre milioni di tonnellate contro gli otto previsti.
Secondo il premier Conte la ripresa di ArcelorMittal potrà avvenire solo con una collaborazione tra Stato e soggetti privati, passando all’acciaio verde, senza licenziamenti, e tutelando la salute di lavoratori e cittadini di Taranto, oltre a proteggere l’ambiente. Una decina di giorni fa, circa, ArcelorMittal, attraverso un comunicato, informava dell’accordo, non vincolante, firmato tra AM InvestCo con i commissari Ilva nominati dal Governo per continuare le trattative riguardanti un piano industriale per Ilva, incluso un investimento azionario da parte di un ente partecipato dal Governo. “Il nuovo piano industriale – si legge – prevede investimenti in tecnologia verde da realizzarsi anche attraverso una nuova società finanziata da investitori pubblici e privati”.
Simona Cocola