TARANTO. L’amministratore delegato di ArcelorMittal Europa, Geert Van Poelvoorde, a margine di una conferenza di Eurofer, ha dichiarato, come riportato dal Sole 24 ore, riguardo l’incontro con il ministro Di Maio per il futuro dell’ex Ilva: «Il Governo continua a dirci di non preoccuparci, che troverà una soluzione, ma finora non c’è niente. Quindi il 6 settembre l’impianto chiuderà. Abbiamo ancora due mesi, spero che il Governo trovi una soluzione, siamo aperti a discutere». La data del 6 settembre a cui si riferisce è quella in cui entrerà in vigore la legge che ha abolito l’immunità. Secondo la precondizione giuridica che ha portato Arcelor Mittal a partecipare all’asta internazionale per lo stabilimento di Taranto, veniva garantito di non dovere rispondere per reati compiuti prima da altri.
Luciano Manna, attivista, militante, esponente di PeaceLink – associazione di volontariato nata su rete telematica che promuove, tra gli altri, la cultura della solidarietà e dei diritti umani, e la difesa dell’ambiente e della legalità -, intervistato dal webmagazine The Freak, ha rilasciato le seguenti dichiarazioni in merito alla vicenda: «Sono ricatti che si attuano in una situazione assurda in cui a Taranto non esiste più la Costituzione: questi decreti che consentono ad ArcelorMittal di gestire l’impianto sono stati già censurati da una sentenza CEDU del 2019, che condanna l’Italia per violazione dei diritti dei cittadini. Il governo aveva due possibilità: impugnare la sentenza o attuarla e quindi legiferare in senso conforme alla pronuncia. Non è un caso che a marzo il Gip Benedetto Ruberto abbia sollevato questione di legittimità costituzionale proprio con riferimento alla previsione della immunità penale».
C’è una targa in via De Vincentis, nel rione Tamburi, posta da Giuseppe Corisi, operaio dell’Ilva, prima di morire, su cui si legge: Nei giorni di vento nord-nord/ovest veniamo sepolti da polveri di minerale e soffocati da esalazioni di gas provenienti dalla zona industriale “Ilva”. Per tutti questi, gli stessi “maledicono” coloro che possono fare e non fanno nulla per riparare. Quale potrebbe essere quindi la soluzione volta a trovare un accordo per tutti? Manna sostiene che «[…] chi denuncia dei reati ambientali non è obbligato anche a fare una proposta alternativa: spesso questa obiezione ci viene sollevata nei dibattiti da politici. Ma non è competenza nostra. A Taranto sono saltati tutti i ruoli: dove è scritto che un cittadino che esercita i suoi diritti denunciando qualcosa deve anche proporre la soluzione? Questa deve essere fornita dal Ministero, dal Comune, dalla Regione. […] La soluzione alternativa, quindi, è un Governo serio che abbia un piano industriale ed energetico».
L’attivista ricorda, inoltre che sono stati fatti studi epidemiologici, pubblicati negli studi sentieri e del dottor Forastiere, il primo a correlare l’inquinante alla patologia, ma anche che si concede lo stesso ad ArcelorMittal il nullaosta senza fare messa in sicurezza in emergenza, o bonifiche. «La situazione è irreversibile nella misura in cui hai una falda profonda a quindici- venti metri che è contaminata e consente la migrazione di inquinanti, nei mitili e nei pesci, al Mar Piccolo e Mar grande. Infatti proprio uno dei capi di imputazione si riferisce alla contaminazione di sostanze alimentari», si legge su The Freak. Tutto è demandato, quindi, al prossimo 4 luglio, quando il ministro Di Maio s’incontrerà con l’amministrazione di ArcelorMittal.
Simona Cocola