L’Irlanda sarà il primo Paese dell’Unione Europea che potrà adottare etichette “salutiste” sulle bottiglie di vino così come già accade per i pacchetti di sigarette. Con l’inizio del nuovo anno il Parlamento europeo ha confermato che le autorità nazionali irlandesi possono adottare la legge.
La norma è stata notificata a giugno nonostante i pareri contrari di Italia, Francia e Spagna e altri sei Stati Ue, che si sono opposti alla misura in quanto crea frammentazione nel mercato interno ed è sproporzionata, soprattutto in vista di un confronto a livello Ue in materia.
Si tratta di un duro colpo per l’export di vino italiano considerando che il Belpaese è il principale produttore ed esportatore mondiale con oltre 14 miliardi di fatturato, di cui più della metà viene venduto all’estero. E l’esempio di Dublino potrebbe essere seguito da altri Paesi dell’Ue, mettendo ancora più a rischio un settore fondamentale per l’economia italiana.
In pratica l’Irlanda potrà adottare un’etichetta per vino, birra e liquori con avvertenze del tipo: “il consumo di alcol provoca malattie del fegato” e “alcol e tumori mortali sono direttamente collegati“. I vertici del governo irlandese hanno giustificato la decisione in quanto nel Paese il consumo di alcolici in maniera spropositata è diventato una vera e propria emergenza sanitaria nazionale.
Emergenza tale da giustificare l’utilizzo di etichette che conterranno avvertenze per la salute con un link che indirizzerà l’utente a un sito web su alcol e salute, un monito sul collegamento diretto con tumori mortali, un elenco degli ingredienti e i valori nutrizionali. Inoltre continuerà ad essere presente il pittogramma sui rischi per la gravidanza.
I produttori italiani sono sul piede di guerra e protestano per difendere il patrimonio della tradizione eno-gastronomica nazionale. Lo afferma la Coldiretti, che definisce l’introduzione della norma in Irlanda “un attacco diretto all’Italia, principale produttore ed esportatore mondiale con oltre 14 miliardi di fatturato, di cui più della metà all’estero”.
Per Coldiretti si tratta di un pericoloso precedente che rischia di aprire le porte a una normativa comunitaria che metterebbe a rischio una filiera che in Italia dal campo alla tavola garantisce 1,3 milioni di posti di lavoro ed è la principale vice dell’export agroalimentare.
Sempre secondo l’associazione la decisione della Commissione fa seguito a una serie di blitz a livello comunitario effettuati con l’intento di penalizzare il settore. Coldiretti ipotizza addirittura che il fine ultimo fosse quello di escluderlo dai finanziamenti europei della promozione nel 2023.
“È del tutto improprio assimilare l’eccessivo consumo di superalcolici tipico dei Paesi nordici al consumo moderato e consapevole di prodotti di qualità ed a più bassa gradazione come la birra e il vino che in Italia è diventato l’emblema di uno stile di vita lento, attento all’equilibrio psico-fisico che aiuta a stare bene con se stessi, da contrapporre all’assunzione sregolata di alcol” afferma il presidente Ettore Prandini.
Il numero uno di Coldiretti aggiunge che “il giusto impegno dell’Unione per tutelare la salute dei cittadini secondo la Coldiretti non può tradursi in decisioni semplicistiche che rischiano di criminalizzare ingiustamente singoli prodotti indipendentemente dalle quantità consumate“.
Come attesta un sondaggio online di Coldiretti la decisione rischia di alimentare paure ingiustificate nei consumatori come dimostra il fatto che quasi un italiano su quattro (23%) afferma che smetterebbe di bere vino o ne consumerebbe di meno se in etichetta trovasse scritte allarmistiche come quelle apposte sui pacchetti di sigarette.
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