L’imprenditore piemontese Enrico Carpino, classe 1943, lavora con dedizione da quando aveva 14 anni. Punto di forza del fondatore, e presidente, della società Finsoft di Torino, è da sempre la voglia d’imparare, accompagnata dall’intraprendenza, e da un certo intuito negli affari. Ciò gli ha permesso di “buttarsi” nelle sue imprese, senza alcun timore, arrivando a costituire, nel 1984, una delle prime aziende italiane nel settore dell’Information Technology. E da qui che inizia quest’intervista.
Quali sono i punti di forza della Finsoft?
Noi siamo forti nello sviluppo di software in molteplici settori: nell’automazione industriale – lavorando per Fiat e Alstom -, nel settore bancario e assicurativo, nella pubblica amministrazione, e nelle telecomunicazioni per clienti quali Vodafone, Telecom, Ericsson, e molti altri.Abbiamo 400 dipendenti, e sedi a Milano, Bologna, Roma, e Cannes.
Come si lavora nella sua azienda?
Ho instaurato un buon rapporto con il personale in Finsoft. Tutti gli uffici fanno parte di un open space, come si usa negli Stati Uniti. Questo perché si crea sinergia tra i dipendenti e il capo, e ciò ha due risvolti positivi: si raggiunge la massima efficienza, e le persone lavorano serenamente.
Cosa pensa dell’approccio delle nuove generazioni con il mondo del lavoro?
Attualmente non sono ancora molti i giovani che scelgono le facoltà scientifiche come ambito di studi, dunque tra informatici e ingegneri, ad esempio, abbiamo il meglio sul mercato. Chi riesce a diplomarsi, e laurearsi, rappresenta l’eccellenza. Finsoft ha diverse collaborazioni con il Politecnico di Torino, le università in Emilia Romagna, la Regione Sardegna, e progetti con Thales Alenia Spazio a Roma. Ogni anno la mia azienda dà la possibilità ad alcuni stagisti di fare esperienza, ed essere assunti se meritevoli.
Lei dove ha mosso i suoi primi passi nella professione?
A 14 anni, quando ho iniziato a lavorare, si aveva il libretto di lavoro, e chi non era figlio di una famiglia benestante studiava di sera, come ho fatto io, dedicandomi all’elettrotecnica e all’elettronica, e prendendo il diploma di geometra. La mia prima occupazione è stata in un’officina elettromeccanica, dove ho fatto esperienza per otto anni. In seguito sono passato in Fiat, poi nell’Azienda Elettrica Municipale, e ho lavorato anche in Olivetti. In quest’azienda il lavoro non era stressante come lo è oggi, ed erano importanti le relazioni umane, lezione che ho imparato, portandola in Finsoft. Quando ero giovane, si lavorava tutti anche se si guadagnava poco, e non c’era la disoccupazione che imperversa da parecchi anni in Italia.
Ha studiato molto per riuscire ad arrivare a fondare la Finsoft?
Dopo il diploma, una mia insegnante mi suggerì d’iscrivermi all’università. Era il 1970 l’anno, in cui nacque la Facoltà d’Informatica, e così seguii quel consiglio. Ero la matricola 233, e fui uno dei primi a laurearmi nel 1976 con una tesi riguardante progetti sulla trasmissione dati. È importante studiare per sé stessi.
Qual è l’esperienza che più l’ha formata professionalmente?
Quella in Olivetti. È stata la migliore azienda in cui ho lavorato, perché chi la dirigeva teneva a curare il benessere dei dipendenti, e la loro formazione: io stesso ho partecipato a molti corsi. Questa filosofia l’ho portata in Finsoft.
Parlando della sua vita al di fuori dell’ambito lavorativo, quest’anno ha raccolto donazioni per il suo compleanno a favore del Wwf. Ha un’anima green?
Sono iscritto da 30 anni al Wwf, e alla Lipu. Ho la consapevolezza che non si può arricchire distruggendo le risorse del Pianeta. Bisogna fermarsi prima. Ci deve essere un limite alla deforestazione, così come alla pesca selvaggia.
Lei viaggia molto: come vede gli altri Paesi?
Faccio sempre un confronto su ciò che succede in Italia, e all’estero. In Francia, Giappone, e Ungheria, ad esempio, c’è molta differenza, rispetto al Bel Paese, sull’organizzazione delle città, dei trasporti, dei servizi. Viaggiare mi è utile anche per il mio lavoro, per confrontare e migliorare ciò che qui non funziona in modo adeguato.
Da imprenditore, cosa pensa della vicenda ex Ilva?
Io sono convinto che le aziende funzionino bene quando sono private, a meno che non siano strategiche per il Paese. Ad esempio, le fonderie dell’acciaio, le ferrovie, le compagnie aeree, tutti i servizi principali insomma non devono essere totalmente privatizzati. A mio parere l’ex Ilva avrebbe dovuto avere una partecipazione statale minoritaria.
E il futuro del settore informatico come prevede evolverà?
Nel tempo il mercato diventerà maturo, e le grandi aziende compreranno le piccole. In informatica ci saranno importanti player che prenderanno in carico le aziende minori, le quali spariranno se non offriranno prodotti di nicchia.
Simona Cocola