Per questa ultima tornata elettorale si potrebbe affermare che non ci siano né vincitori e né vinti. Ma analizzando l’analisi fornita dai principali quotidiani nazionali questa mattina e da illustri rappresentanti del mondo politico sembra quasi che abbiano vinto tutti in qualche modo queste elezioni.
Ogni leader politico a modo suo è salito sul carro dei vincitori a partire dal ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, il quale si è detto “molto orgoglioso” per il risultato del referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari, perché la vittoria con quasi il 70% dei Sì rappresenta un vero e proprio attestato di fiducia nei suoi confronti, a differenza del no che era un chiaro attacco nei suoi confronti. «Ora si taglino anche gli stipendi e si faccia una legge elettorale proporzionale» ha aggiunto Di Maio.
L’ex capo politico pentastellato sembra che utilizzi la vittoria referendaria per rilanciare la propria leadership all’interno del Movimento, non è un caso che abbia lanciato una bordata all’attuale leader dei 5 stelle, Vito Crimi, dichiarando pubblicamente che «Le regionali invece potevano essere organizzate diversamente e anche nel Movimento con un’altra strategia». È evidente in quest’ultima affermazione ci sia una palese critica a come sono state gestite le alleanze politiche in ambito di elezioni regionali e comunali e la non troppo velata richiesta di un nuovo Congresso per stabilire chi abbia il carisma e le capacità di guidare il partito nel prossimo futuro.
Grande soddisfazione anche per il segretario del Pd, Luca Zingaretti, anch’egli sostenitori dell’ultima ora del Sì e che si è auspicato l’inizio di “una stagione delle riforme“. Il leader dem si è detto orgoglioso per la riconferma del centrosinistra in regioni come Campania, Puglia e Toscana. Scampato il pericolo di un quasi totale plebiscito del centrodestra paventato alla vigilia da alcuni sondaggisti. L’unico neo è rappresentato dalla sconfitta subita nelle Marche che cambia colore dopo ben 50 anni di dominio assoluto del centrosinistra.
E a proposito di vittorie come non citare quella di Fratelli d’Italia, guidata da Giorgia Meloni, che porta Francesco Acquaroli alla vittoria nelle Marche. «Da nord a sud – ha scritto la leader di FdI – Fratelli d’Italia è l’unico partito che cresce in tutte le regioni al voto». Anche in queste parole alcuni hanno intravisto una piccola frecciatina lanciata alla Lega e a Matteo Salvini, non tanto per mettere in discussione l’alleanza alla quale partecipa anche Forza Italia, quanto la richiesta di avere un ruolo sempre più centrale nel patto tra le tre forze di opposizione.
Anche Salvini ha esultato per la riconferma di Luca Zaia e Giovanni Toti rispettivamente in Veneto e Liguria, ed ha affidato il proprio commento post elettorale a Facebook, per ricordare che “la Lega e il centrodestra saranno alla guida di 15 Regioni su 20”. Poi ha ribadito che non chiederà le elezioni anticipate, ma i risultati ottenuti dal centrodestra danno delle chiare indicazioni su chi gli gli italiani vorrebbero vedere al governo.
E sul carro dei vincitori è salito anche il fronte del No, quello che ha raggiunto poco più del 30% delle preferenze, perché nonostante la sconfitta sarebbe uno sbaglio madornale non considerare l’opinione di quasi sette milioni e mezzo di italiani.
Straordinario anche il commento di Matteo Renzi, leader di Italia Viva, che afferma di aver salvato per la seconda volta il premier Giuseppe Conte che in queste elezioni avrebbe rischiato seriamente “l’osso del collo”. Secondo Renzi il suo partito avrebbe dato un contributo fondamentale alla vittoria di Eugenio Giani in Toscana. E sulle ali dell’entusiasmo ha inoltre asserito con convinzione di non aver mai visto in vita sua «una piccola forza politica fare un debutto simile in una elezione regionale».
Tutti vincitori e nessuno sconfitto, questa è la convinzione di tutti i partiti. O meglio gli sconfitti sono solo gli avversari. Un’affermazione che tra gli italiani crea non poche perplessità. L’unica certezza che i cittadini vorrebbero avere è quella che venga effettivamente rispettato il voto: che il taglio dei parlamentari sia effettivamente messo in atto a partire dalla prossima legislatura e che non si trovino ulteriori escamotage per mantenere il sedere attaccato alle poltrone di Camera e Senato.
Dati definitivi per il referendum sul taglio dei parlamentari: Il Sì vince con il 69,64%, 17.168.495 voti, mentre il no ha ottenuto il 30,36%, 7.484.941 voti. I dati sono riportati dal Viminale, quando è stato completato lo scrutinio delle 61.622 sezioni. Al voto in tutta Italia si è recato il 52,8 % degli aventi diritto.
Al referendum il Sì sfiora il 70%. D’altronde era sponsorizzato anche da Lega e FdI. Però, nei partiti, le crepe erano molte. Stando all’analisi di Tecneitalia, nel centrosinistra il No avrebbe prevalso nell’elettorato del Pd col 55%, di Italia Viva (77%) e de La Sinistra (58%). Tra l’elettorato del centrodestra avrebbe prevalso il Sì (75% FdI, 76% FI, 78% Lega).
Per le Regionali, secondo le proiezioni il centrosinistra è davanti sia in Toscana, con Giani al 48% e la Ceccardi al 41%, sia in Puglia, dove Emiliano è oltre il 46% e Raffaele Fitto al 38%, e pure in Campania, con De Luca al 67% e Stefano Caldoro al 18%. Il centrodestra conquista le Marche, dove Acquaroli naviga sul 47% e Maurizio Mangialardi (Pd-Iv) sul 37%, e poi mantiene il Veneto, con Luca Zaia al 77% e Arturo Lorenzoni al 16%, e la Liguria, dove Giovanni Toti è al 54% e Ferruccio Sansa al 40%. Alto il dato dell’affluenza, che sfora il 54% per il Referendum e si avvicina al 58% per le Regionali.
Carlo Saccomando