"Sono preoccupata per lui, voglio riportarlo a casa il più presto possibile", sono le parole di Aja Biran, zia di Eitan, poco prima dell processo.
Giunge finalmente in aula il caso di Eitan Biran, il bimbo di cinque anni scampato all’incidente sulla funivia del Mottarone accaduta il 23 maggio scorso. Questa mattina al via la prima udienza al tribunale di Tel Aviv prima per la causa intentata da Aya Biran, zia paterna di Eitan. L’obiettivo è quello di riportare in Italia il bimbo sottratto senza autorizzazione da Smhuel Peleg, nonno paterno, e portato in Israele con un volo privato decollato da Zurigo.
Dopo la tragica scomparsa dei genitori la zia Aya era stata nominata dal tribunale di Torino tutrice legale del bambino. Il nonno ha sfruttato una visita programmata per portare il piccolo nella sua terra d’origine. Come è facile intuire la fuga era stata programmata da tempo, l’uomo ha solo atteso il momento giusto per mettere in atto il suo piano. Il 16 settembre Eitan avrebbe dovuto cominciare il primo giorno di scuola elementare a Pavia. Proprio nel comune lombardo l’uomo è indagato per sequestro aggravato di persona.
L’udienza si tiene a porte chiuse e le uniche persone che sono state autorizzate dal giudice a entrare in aula sono state Aya Biran e Smhuel Peleg, con i rispettivi avvocati. Tutti gli altri parenti presenti sono stati fatti uscire. Poco prima erano giunti davanrti al tribunale la nonna materna di Eitan, Etty Peleg Cohen, e la figlia Gali Peleg che nelle recenti settimane ha annunciato di volere adottare Eitan.
“Voglio vedere Eitan a casa“. Queste le parole di Aja Biran ai giornalisti presenti all’ingresso del tribunale di Tel Aviv poco prima dell’inizio della prima udienza . “Sono preoccupata per lui, voglio riportarlo a casa il più presto possibile“, ha aggiunto la zia del bimbo visibilmente emozionata. Va sottolineato che la donna per poter presenziare all’udienza ha beneficiato di un permesso speciale, altrimenti avrebbe dovuto rispettare la quarantena prevista in Israele per i cittadini provenienti da uno stato estero.
Nonostante un tribunale italiano avesse nominato la zia materna come tutore legale la famiglia paterna di Eitan continua a proclamarsi innocente e asserisce con convinzione di non aver rapito il bimbo. Prima dell’ingresso in aula alcuni famigliari hanno dichiarato ai cronisti presenti di riporre “grande fiducia nella giustizia israeliana” dichiarandosi ottimisti sull’esito della causa.