E’ morta a Milano all’età di 81 anni Milva Biolcati, per molti é stata la ‘Pantera di Goro‘, altri la ricorderanno come ‘la rossa’ della musica italiana, altri per le sue performance teatrali. Per tutti é stata comunque un’artista a tutto tondo dalla voce inconfondibile.
Vi riproponiamo il ricordo che Francesco Provinciali, già dirigente ispettivo Miur e giudice minorile, ha voluto condividere con noi de ‘Il Valore Italiano ‘. Crediamo nulla vi sia da aggiungere, in quanto dalle sue parole emerge la grandezza dell’artista per cui oggi, almeno in terra, ‘é calato il sipario’, chissà che con la sua voce possa continuare ad allietare il Regno dei cieli.
“Avevo acquistato i fiori per presentarmi a Lei nello stesso negozio della zona di Piazza Venezia a Milano – dove abitava – presso cui Lei aveva poco tempo prima ordinato l’omaggio floreale per le esequie di Alda Merini, alla quale la legava una profonda amicizia e un’intima affinità di sentimenti.
La titolare del negozio mi aveva detto: “è un’affezionata cliente, sempre discreta e riservata”.
Ricordando quando, da bambino e da adolescente, seguivo le sue presenze in TV , le sue canzoni e poi le sue interpretazioni del teatro di Bertolt Brecht , avvertivo un timore reverenziale nel chiederLe di aderire all’intervista: era stata un mito della canzone italiana, ai tempi di Mina, Claudio Villa e di Ornella Vanoni.
Grandi personaggi che hanno lasciato un ricordo indelebile nella memoria storica della TV e dei telespettatori, vere icone della canzone italiana nel mondo che nel tempo ha poi seguito le evoluzioni della moda e le tendenze artistiche della post-modernità ma perdendo quella che Walter Benjamin aveva definito “aura”: il valore ineguagliabile e irraggiungibile dell’originale, a suo modo dell’espressione canora come opera d’arte, per qualità vocali e originalità dei testi.
Ritrovandola a teatro anni dopo, avevo apprezzato la pienezza artistica della sua personalità, le sue interpretazioni magistrali e ricche di pathos, un’autorevolezza naturale e matura al tempo stesso, mai ostentata: era un’artista veramente completa che dominava il palcoscenico e trasmetteva un coinvolgimento emotivo straordinario.
Fu ben più benevola ed ospitale , con me , di quanto io stesso potessi attendermi, al cospetto di una diva indiscussa nella storia della musica italiana: non mi sentivo imbarazzato se non associando la sua figura alla storia della TV e del teatro.
Ciò che mi disse è riportato nel testo dell’intervista: la sua spontaneità si univa ad una padronanza non comune della Sua eccellenza artistica, che emergeva in modo naturale.
Ero e sono un modesto estimatore del teatro di Samuel Beckett, consapevole di interloquire con la più grande interprete di Bertolt Brecht che, per recitarlo, aveva calcato nella sua carriera i palcoscenici di tutto il mondo.
Avevo solo da ascoltare per imparare: vissi quella circostanza nella sua irripetibile occasione.
Ciò che mi stupì fu la considerazione che Milva mi riservò.
Due giorni dopo – leggendo il testo sbobinato dell’intervista che Le avevo inviato, prima di pubblicarla – mi telefonò e, riferendosi all’ultima mia domanda e all’ultima sua risposta che riguardavano un messaggio da lasciare ai giovani sui valori da vivere, coltivare e tramandare, mi disse:
“Senta ci ho ripensato: tolga la parola onore che mi sembra troppo generica e metta al suo posto “giustizia sociale”.
Così feci e queste parole il lettore trova nell’intervista.
Ho sempre attribuito una valenza quasi aneddotica a quella telefonata e al senso di quel ripensamento.
“Credo che sia questo un valore da insegnare ai giovani e da applicare alla nostra stessa vita”.
Lasciandomi quel messaggio Milva aveva riflettuto sul senso etico della giustizia sociale come missione da compiere e credo che quel ripensamento conservi ancora oggi, in epoca di crisi economica e di disuguaglianze e ingiustizie il significato di un intimo e meditato testamento spirituale“