Lo scenario che si affaccia sul mondo del commercio e dell’impresa è, da aggiornamento in aggiornamento, sempre più drammatico. Secondo l’Ufficio studi di Confcommercio, delle 240mila imprese sparite dal mercato a causa della pandemia – prosegue la nota – 225mila si perdono per un eccesso di mortalità e 15mila per un deficit di natalità.
Una riduzione del tessuto produttivo che risulta particolarmente accentuata tra i servizi di mercato, che si riducono del 13,8% rispetto al 2019, mentre nel commercio rimane più contenuta, ma comunque elevata, e pari all’8,3%.
Tra i settori più colpiti, nell’ambito del commercio, abbigliamento e calzature (-17,1%), ambulanti (-11,8%) e distributori di carburante (-10,1%); nei servizi di mercato le maggiori perdite di imprese si registrano, invece, per agenzie di viaggio (-21,7%), bar e ristoranti (-14,4%) e trasporti (-14,2%). C’è poi tutta la filiera del tempo libero che, tra attività artistiche, sportive e di intrattenimento, fa registrare complessivamente un vero e proprio crollo con la sparizione di un’impresa su tre.
Alla perdita di imprese – conclude la nota – va poi aggiunta anche quella relativa ai lavoratori autonomi, ovvero quei soggetti titolari di partita Iva operanti senza alcun tipo di organizzazione societaria. Si stima la chiusura per circa 200mila professionisti tra ordinistici e non ordinistici, operanti nelle attività professionali, scientifiche e tecniche, amministrazione e servizi, attività artistiche, di intrattenimento e divertimento e altro.
Nel 2020, a causa del Covid con un crollo dei consumi del 10,8% (pari ad una perdita di 120 miliardi di euro sul 2019)si stima la chiusura definitiva di più di 390mila imprese del commercio non alimentare e dei servizi a fronte di 85mila nuove aperture. Pertanto, la riduzione delle aziende in questi settori sarebbe di quasi 305mila imprese (-11,3%).