A seguito dell’approvazione prima da parte del Parlamento Europeo e dopo del Consiglio Europeo, è stato pubblicato in data 14 dicembre 2022 (con entrata in vigore dal 5 gennaio 2023) il testo della Direttiva UE n. 2464/2022 già nota con il nome di “Corporate Sustainability Reporting Directive” (nota anche con l’acronimo CSRD).
La novella in esame è indirizzata a tutti gli Stati membri dell’Unione.
La Direttiva si sviluppa in seno al Green Deal europeo (l’accordo quadro che ha l’obiettivo di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050) e costituisce un nuovo passo in avanti della legislazione comunitaria andando ad estendere a tutte le grandi imprese l’ambito di applicazione degli obblighi di rendicontazione non finanziaria e ad introdurre l’obbligo di revisione contabile.
La Direttiva UE n. 2464/2022 interviene a modifica della precedente normativa, la Direttiva UE 95/2014 (NFRD, “Non Financial Reporting Directive”) a sua volta correttiva della Direttiva n. 34/2013 inerente l’obbligo di comunicazione delle informazioni di natura non finanziaria.
La Direttiva UE/95/2014 imponeva ad alcune categorie di imprese (segnatamente quelle di grandi dimensioni con almeno 500 dipendenti occupati in media durante l’esercizio) l’obbligo di elaborare una dichiarazione consolidata di carattere non finanziario contenente almeno informazioni ambientali, sociali, attinenti al personale, al rispetto dei diritti umani, alla lotta contro la corruzione attiva e passiva in misura necessaria alla comprensione dell’andamento del gruppo, dei suoi risultati, della sua situazione e dell’impatto della sua attività.
Come poc’anzi anticipato la più recente Direttiva UE n. 2464/2022 ha ampliato la platea dei destinatari degli obblighi di rendicontazione di sostenibilità estendendo tale onere a tutte le grandi imprese, quotate e non quotate, che posseggano i seguenti requisiti: una media annua di oltre 250 dipendenti, un fatturato di 40 milioni di euro e/o 20 milioni di euro di totale attivo.
Il numero di imprese così coinvolto dalla novella normativa sale a circa 50.000: di queste, poco meno di 6.000 sono in Italia.
Diverse sono le novità previste dalla Direttiva in esame. Anzitutto le imprese dovranno dotarsi di una relazione di gestione composta dal bilancio finanziario e da quello di sostenibilità: in buona sostanza i due documenti, sinora dissociati, andranno a costituire un “unicum” a disposizione di stakeholder e potenziali investitori.
Secondariamente viene introdotto il principio della “doppia materialità” che impone alle imprese di comunicare l’impatto del proprio business sulle tematiche ambientali e sociali (ESG, Environment, Social, Governance) e viceversa.
In terza battuta, per quanto riguarda i criteri di rendicontazione, mentre finora le imprese si sono principalmente affidate ai cosiddetti GRI standards (“Global Reporting Initiative”) in quanto convenzionalmente adottati, entro la fine del mese di giugno 2023 vedranno la luce dei nuovi criteri di rendicontazione ufficiali redatti dall’agenzia EFRAG (“European Financial Reporting Advisory Group”) già costituita in seno alla Commissione.
La Direttiva prevede infine l’introduzione dell’obbligo di rendicontazione non finanziaria anche per le PMI quotate in borsa (ad eccezione delle microimprese) con decorrenza dal 1° gennaio 2026.
Secondo la Commissione Europea vi è la necessità di istituire un quadro di riferimento per la rendicontazione non finanziaria che sia solido e accessibile per garantire l’affidabilità dei dati, evitare il greenwashing e la doppia contabilizzazione.
Il “greenwashing” (dall’inglese “lavare di verde”) è una “strategia di comunicazione o di marketing perseguita da aziende, istituzioni, enti che presentano come ecosostenibili le proprie attività, cercando di occultarne l’impatto ambientale ne negativo” (Treccani).
Durante i lavori della Commissione è emerso come la comunicazione da parte di alcune categorie di imprese di informazioni pertinenti, comparabili e affidabili sulla sostenibilità sia condizione preliminare per la realizzazione degli obiettivi comuni quali l’orientamento dei flussi di capitali verso investimenti sostenibili al fine di realizzare una crescita sostenibile e inclusiva, la gestione dei rischi finanziari derivati dai cambiamenti climatici, dell’esaurimento delle risorse, del degrado ambientale e delle questioni sociali nonché la promozione della trasparenza e della visione a lungo termine nelle attività economico-finanziarie.
Il tutto, ovviamente, anche a tutela degli investitori. Infatti sia le imprese che i loro portatori di interesse (“stakeholder”) trarranno benefici dal nuovo sistema di comunicazione trasparente.
Le prime, perché una buona rendicontazione garantirà loro una migliore reputazione, un più facile accesso al capitale finanziario e assicurativo, una più semplice valutazione dei rischi di sostenibilità ed un più stretto rapporto di dialogo con gli investitori che chiederanno sempre meno informazioni a riguardo.
I secondi, perché i risparmiatori che lo desiderano potranno investire in maniera sostenibile in un sistema economico stabile, sostenibile e inclusivo che apporterebbe vantaggi a tutti i cittadini e alla collettività.
Stefano Fioramonti
Avvocato – Consulente ESG