TERNI. Nella tarda serata di ieri due detenuti italiani ricoverati presso l’ospedale di Terni hanno provato a evadere aggredendo un’infermiera, entrata nella loro camera per alcune medicazioni, e gli agenti della penitenziaria che li sorvegliavano. L’accaduto ha dell’incredibile. Uno dei detenuti era in carcere a Terni per rapina, ed era stato portato in ospedale dopo avere ingerito alcuni oggetti, mentre l’altro si trovava nella sezione Alta Sicurezza di Spoleto, ed era ricoverato per i postumi di una colluttazione. Entrambi hanno tentato la fuga, ma il detenuto di Terni è stato bloccato dagli agenti, come poi anche il secondo che, cercando di scappare a bordo di un’auto sottratta a una giovane presa a morsi, è stato fermato e arrestato.
«Una cosa grave, che poteva creare maggiori problemi alla sicurezza e all’incolumità dei poliziotti, dei detenuti, di medici e infermieri, dei cittadini. Auspico che la grave vicenda porti alla luce le priorità della sicurezza, spesso trascurate, con cui quotidianamente hanno a che fare le donne e gli uomini della polizia penitenziaria. Non è possibile, ad esempio, che ieri a Terni fossero solamente due i poliziotti in servizio di piantonamento dei detenuti in ospedale, uno dei quali classificato a regime di Alta Sicurezza». Queste le dichiarazioni di Fabrizio Bonino, segretario nazionale per l’Umbria del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria (Sappe). Bonino denuncia, inoltre, personale sotto organico, non retribuito degnamente, con poca formazione e aggiornamento professionale, impiegato in servizi quotidiani ben oltre le nove ore di servizio, con mezzi di trasporto dei detenuti spesso non idonei a circolare per le strade.
Il Sappe evidenzia che nel 2018 in Italia ci sono state quattro evasioni da istituti penitenziari, 52 da permessi premio, 14 da lavoro all’esterno, 21 da semilibertà, e si sono verificati 40 mancati rientri da licenze.
Donato Capece, segretario generale del sindacato, riporta che: «La situazione all’interno della polizia penitenziaria si è notevolmente aggravata rispetto al 2017. I numeri riferiti agli eventi critici avvenuti tra le sbarre delle carceri italiane nell’intero anno 2018 sono inquietanti». Si parla di oltre 10mila atti di autolesionismo, 1.198 tentati suicidi sventati in tempo, 7mila e 784 colluttazioni. E ancora ferimenti, e tentati omicidi in carcere. «La cosa grave – afferma Capece – è che questi numeri si sono concretizzati proprio quando sempre più carceri hanno introdotto la vigilanza dinamica e il regime penitenziario “aperto”, ossia con i detenuti più ore al giorno liberi di girare per le sezioni detentive con controlli sporadici e occasionali della polizia penitenziaria. Ed è grave che il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria guidato da Francesco Basentini non sia ancora stato in grado di mettere in campo efficaci strategie di contrasto a questa spirale di sangue e violenza».