Criptovalute, crittovalute o crittomonete. Probabilmente il solo fatto di nominare questi vocaboli fa pensare a qualcosa di oscuro, enigmatico; come suggerisce l’aggettivo criptico l’italiano medio è portato a pensare che dietro quel termine tecnico si celi qualcosa di oscuro. Nell’immaginario collettivo è pensiero comune che trattare di questo argomento voglia dire inoltrarsi nel mondo tecnologia avanzata, comprensibile da pochi eletti, regno incontrastato di hacker e criminali 2.0, capaci di rendere l’argomento incomprensibile e avvolto da un alone di mistero. In realtà sotto il nostro naso e dentro i nostri computer sta nascendo quello che potrebbe rappresentare il futuro dell’economia.
Le criptovalute, grazie alla tecnologia blockchain, hanno indubbiamente contributo all’innovazione del mondo finanziario grazie a due semplici caratteristiche: decentralizzate e digitali. Ecco le parole chiave della rivoluzione in atto. Il termine “digitali” ne descrive la natura, ovvero, monete nate su internet, sviluppatesi su internet e prevalentemente usate per comprare beni o servizi nella rete. Internet al cubo in poche parole. La causa di questa proliferazione via web è la “decentralizzazione“. Con il temine “decentralizzate” intendiamo che non sono emesse o controllate da alcun istituto finanziario pubblico o privato. Inoltre non si può andare in banca e prelevare Bitcoin o regalare al nipotino una busta con dei “Monero” (tipi di criptovalute), in realtà non puoi tenerli fisicamente in mano, perché non possiedi un bene materiale bensì una chiave (una sorta di password) che ti permette di spendere un certo numero di Bitcoin. Sostanzialmente si tratta di un wallet cioè un luogo (fisico o virtuale) nel quale conservi tutte le “password” dei Bitcoin che possiedi.
L’argomento è più complesso ed dettagliato di quanto abbiamo affermato, e le criptovalute sono solo una delle infinite applicazioni della tecnologia blockchain. Nello dettaglio il blockchain rappresenta il libro mastro di tutte le transazioni avvenute in Bitcoin. È la prova di ogni scambio avvenuto con l’utilizzo di questa criptovaluta nel network e ogni transazione rappresenta un blocco della catena (in inglese block chain, appunto). Si tratta di un database che permette di mantenere traccia di ciò che avviene nel mercato del Bitcoin e ad evitare frodi.
Nessuna commissione nelle transazioni, nessuno che le emette e ne è a capo (quindi nessuno che le comanda) e la capacità di essere ugualmente valide in stati differenti sono alcuni dei vantaggi di questo sistema. Chiaramente il rischio c’è ed è legato al fatto che in sostanza ti assumi la responsabilità di essere banchiere di te stesso: non c’è nessun ente terzo, in caso di smarrimento di codici o altri problemi, che possa risalire ai tuoi dati. Il caso più famoso inerente questo tipo di problematica è legato Gerald Cotten, fondatore di un Exchange (piattaforma nella quale è possibile scambiare le valute virtuali con le monete tradizionali), che ha inavvertitamente bloccato un valore pari a 150 milioni di dollari poiché a causa della sua morte non si possiede la password per accedervi.
Alessandro Nocera