Decisione shock del governo giapponese che ha approvato il rilascio nell’Oceano Pacifico delle acque contaminate fino ad oggi utilizzate per raffreddare i reattori danneggiati dall’incidente nucleare di Fukushima. La centrale nucleare aveva subito degli ingenti danni a seguito del terremoto e maremoto avvenuto a largo della regione del Tōhoku, situata nel Giappone settentrionale, dell’11 marzo 2011 e dalle successive esplosioni.
A comunicarlo è il premier Yoshihide Suga, che ha confermato le anticipazioni della vigilia malgrado la netta opposizione dell’opinione pubblica, dell’industria della pesca e dei rappresentanti dell’agricoltura locale. Il primo ministro nipponico ha incontrato i membri dell’esecutivo, incluso il ministro dell’Industria Hiroshi Kajiyama, per formalizzare la decisione, che arriva a 10 anni esatti dalla catastrofe del marzo 2011.
La manutenzione giornaliera della centrale di Fukushima Daiichi genera l’equivalente di 140 tonnellate di acqua contaminata, che nonostante venga trattata negli impianti di bonifica, continua a contenere il trizio, un isotopo radioattivo dell’idrogeno. Poco più di 1.000 serbatoi si sono accumulati nella area adiacente all’impianto, l’equivalente di 1,25 milioni di tonnellate di liquido, e secondo il gestore della centrale, la Tokyo Electric Power (Tepco), le cisterne raggiungeranno la massima capacità consentita entro l’estate del 2022. Oltre un milione di tonnellate di acqua contaminata che metterà a serio rischio il nostro ecosistema.
Il triplice disastro di Fukushima è stato innescato dal terremoto e dal successivo tsunami con epicentro in mare ad una profondità di 30 chilometri, alle ore 14:46 locali dell’11 marzo 2021. Il sisma, di magnitudo 8.9-9.0 è il più potente mai misurato in Giappone e il quarto a livello mondiale. Questo disastro naturale ha provocato il surriscaldamento del combustibile nucleare, seguito dalla fusione del nocciolo all’interno dei reattori, a cui si accompagnarono le esplosioni di idrogeno e le emissioni di radiazioni.
Proteste contro lo sversamento dell’acqua in mare sono state espresse in passato anche dai paesi vicini, tra cui Cina e Corea del Sud. Ieri il portavoce del ministero degli esteri di Pechino, Zhao Lijian, aveva ricordato che la Cina aveva chiesto al Giappone di adottare un atteggiamento responsabile e di trattare la questione dell’eliminazione delle scorie nucleari con prudenza. Lo stesso Zhao ha definito questo incidente nucleare “tra i più gravi al mondo“, e sottolinea che se i rifiuti nucleari non saranno eliminati correttamente il rischio è di nuocere gravemente sull’ambiente marino, sulla sicurezza degli alimenti e sulla salute umana.
La Corea del sud aveva espresso le “sue gravi inquietudini” sulla vicenda e il portavoce del ministero degli esteri di Seoul, Choi Young-sam, ha dichiarato che “sarà difficile accettare che la parte giapponese decida di sversare dell’acqua contaminata della centrale nucleare di Fukushima senza aver condotto le consultazioni appropriate“.
Sdegno e preoccupazione che non sembrano toccare i vertici dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica: già nel febbraio del 2020 il direttore Aiea, Rafael Grossi, nel corso di una visita alla centrale aveva ammesso ammesso che il rilascio dell’acqua radioattiva nell’Oceano Pacifico sarebbe in linea con gli standard internazionali dell’industria nucleare.
Una dichiarazione che sembra favorire solo ed esclusivamente le logiche industriali e che si scontra apertamente con il concetto di ecosostenibilità e più in generale di sviluppo sostenibile a livello globale.