Il mondo del gaming, come noto, è sempre condito da una serie di novità, spesso di portata rivoluzionaria. Oggi si parla non a caso di Loot Box, termine nuovo ma non estraneo agli appassionati. Ma di cosa si tratta nello specifico?
Le loot box altro non sono che oggetti virtuali, specificamente utilizzati nel gaming online, che contengono premi non monetari e attraverso le quali il giocatore può migliorar la sua esperienza di gioco, scattare di livello. Niente di trascendentale se non fosse che, per utilizzarle, deve prima acquistarle dietro pagamento.
Per comprendere meglio il tutto, l’ultimo numero del Magazine di Eurispes ha trattato questo tema.
La questione ha livello internazionale, poiché al momento dell’acquisto i termini di transazioni non sono mai stati chiari. Nella valuta reale il costo, difatti, non viene espresso. Viene altresì codificato con quella valuta tipica del gioco: gemme, monete, simboli vari. Un forziere con un contenuto magico ignoto e non chiaro al giocatore, fino al momento della sua apertura. Che cade, guarda caso, dopo l’acquisto.
La nebulosità del prodotto è tutta qui: non sono necessarie le loot box, ma costituiscono un’attrattiva per i giocatori, soprattutto per una corposa fascia di giovanissimi utenti che praticamente gioca soltanto online. Ma giocano anche i minorenni, forse i più esposti a truffe ed imbrogli, nascosti dai continui stimoli che conducono loro ad effettuare acquisti a ruota, senza alcun tipo di chiarezza. Sorge spontanea un’altra domanda, in automatico: le loot box dunque sono da configurare come attività da gioco d’azzardo?
Per Eurispes sì, data la loro natura aleatoria, soprattutto riguardante le vincite, e la necessità intrinseca di investire denaro. In tal caso ci vorrebbe una regolamentazione, in un settore come quello del gioco pubblico già forse tra i più controllati in assoluto come certificano i dati relativi al 2021. Nel caso la loro natura corrispondesse a quella tipica del gioco d’azzardo, occorrerebbe una regolamentazione netta e chiara. Ed una fruibilità esclusiva concessa alle piattaforme di casinò online. In Europa qualcosa si è mosso: Olanda e Gran Bretagna riconoscono alcune loot box come prodotti d’azzardo. Nei Paesi Bassi è stata varata una regolamentazione ferrea, ed altri paesi europei si stanno muovendo.
La Germania ha chiesto, nel 2021, di regolamentare le loot box con dinamiche simili a quelle del gioco. La Spagna pensa ad un divieto per minorenni. In Norvegia invece un recente studio ha fatto luce su questo aspetto: le Loot box sono state condannate per il design manipolativo, il marketing sfrenato, le informazioni distorte. L’accusa peggiore: incitare il giocatore ad effettuare acquisti in loop.
In Italia invece vige l’obbligo di esporre il logo PEGI con tanto di avviso informativo, nulla più. Perché le loot box sono “freemium”, ovvero giochi gratis in versione base ma con funzionalità a pagamento per versioni extra, una sorta di gacha games.
Gli acquisti in game hanno un introito di miliardi di dollari per l’industria del gioco. Cosa che spinge gli enti a chiedere una regolamentazione specifica, anche sul fronte tassazione. Un tema spinoso, da risolvere al più presto.