• 23 Dicembre 2024
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Chef Rubio, storia di un eroe in difesa dei più deboli e dei pusher

In queste ultime ore si è discusso molto sulla violenta aggressione subita martedì da Vittorio Brumotti, impegnato a documentare una delle piazze di spaccio più attive della capitale. Ma oltre al feroce attacco a suon di sputi in faccia e calci sui reni a scatenare il dibattito su giornali e sui social ci ha pensato Gabriele Rubini, più noto come Chef Rubio, che attraverso alcune dichiarazioni al vetriolo pubblicate su Twitter ha dato sfoggio della sua grande passione per Sir Edward George Earle Bulwer-Lytton mettendo in pratica una delle sue citazioni più famose: “La penna è più potente della spada“. Anche se al giorno d’oggi la tastiera e un buon collegamento internet hanno sostituito penna e calamaio dell’epoca.

Il cuoco tuscolano dopo la notizia dell’aggressione ha pubblicato un post che definire agghiacciante sarebbe riduttivo: “Non sapete nulla del core immenso del Quarticciolo, voi giornalisti da strapazzo vi dovreste vergognare per la propaganda infame che riservate a chi è abbandonato dallo Stato, e resiste nonostante tutto con dignità e umanità“. L’intervento viene consluso con un tackle, degno del grande rugbista quale è stato, nei confronti dell’inviato di Striscia la Notizia definito ‘infame‘ e che di botte a suo parere non ne ha ricevute abbastanza.

Chef Rubio, attivista per quasi tutti i diritti umani

Per un attimo vorrei uscire fuori dal centro della questione e raccontarvi come si definisce sul suo sito ufficiale Chef Rubio: ‘Cuoco non–convenzionale, indipendente, che per scelta non ha un suo ristorante ma è un insaziabile viaggiatoreoltre che un convinto attivista per i diritti umani e sostenitore della causa palestinese’.

Vorrei rimarcare che si dichiara convinto sostenitore e attivista per i diritti umani, i quali possono essere classificati in tre tipologie: civili, politici e sociali. Tra i diritti civili sono annoverati quelli che attengono alla personalità dell’individuo, come ad esempio la libertà di pensiero, la libertà personale, di riunione, di religione ed ancora la libertà economica.

La mia opinione è che per quanto vadano evidenziate e elogiate le lodevoli iniziative di Rubio rivolte alla tutela delle persone più fragili e che in più occasioni, con grande spirito di solidarietà, ha avuto modo di documentare in prima persona le condizioni estreme di chi vive suo malgrado in zone teatro di guerra, come ad esempio la gente di Gaza, nello stesso tempo bisogna ricordare che chi fa della lotta ai diritti umani una ragione di vita non dovrebbe farlo a metà. E soprattutto non dovrebbe sfruttare un deplorevole attacco barbarico, messo in atto da chi si fa beffe della legge e vende morte, per fare campagna politica in maniera spicciola. Le uniche persone a rimetterci sono la stragrande maggioranza dei cittadini onesti residenti in questi quartieri finiti nel dimenticatoio.

Chef Rubio

L’intento dello chef era nobile, ma i modi sono stati sbagliati

Gabriele, mi sia permesso chiamarlo per nome, ha toccato il punto cruciale della questione in un tweet seguente nel quale afferma: “La droga è una conseguenza del fallimento dello Stato, ed è messa in giro dagli stessi che poi fingono di combatterla (ex: accordi con porto di Gioia Tauro), quindi invece di riprendervela con le periferie e abboccare ai servizi di cacca – edulcoriamo il termine ‘dimmerda’ tutto attaccato che però fa molto ridere -, esigete servizi, case e lavoro per tutti“.

Come se non bastasse in un altro post ha rincarato la dose: “L’eroina per le strade ce la mette il galoppino o i politici che per due voti continuano a fottere intere generazioni? La faccio entrare io nei porti italiani? Chi paga il pizzo alla ‘Ndrangheta? A Montecitorio la gente sta incajata però la colpa è del gobbo del Quarticciolo“. Chissà se il riferimento al ‘gobbo’ è un’accusa velata nei confronti dei supporter della Juventus, tra le più convinte sostenitrici della Super League, oppure è solo un aggettivo simpatico per definire un pusher. Ma è meglio non perdersi in altre questioni (quelle sportive) o finiremmo per addentrarci in un ginepraio, anche se visto il passato nel rugby ci si sarebbe aspettati maggiore sportività e solidarietà da parte dello chef.

Personalmente non penso che la soluzione del problema la si possa trovare attaccando chi cerca di mostrare la verità, ma unendo le forze e combattendo per il bene di chi è costretto a vivere contro la propria volontà tra degrado e venditori di morte. La vera battaglia andrebbe affrontata fianco a fianco, stimolando il dibattito politico e suggerendo le strategie da adottare per debellare questo ignobile morbo. Sono convinto che il vero intento di Chef Rubio fosse quello di stare al fianco della gente onesta che vive in periferia, ma si è espresso nel modo sbagliato contro chi paradossalmente voleva fare la stesa cosa. Piuttosto che giudicare il lavoro degli altri come una m****a, dovrebbe invece evitare di fare certe figure.

Carlo Saccomando

Classe 1981, giornalista pubblicista. Poco dopo gli studi ha intrapreso la carriera teatrale partecipando a spettacoli diretti da registi di caratura internazionale come Gian Carlo Menotti, fondatore del "Festival dei Due Mondi" di Spoleto, Lucio Dalla, Renzo Sicco e Michał Znaniecki. Da sempre appassionato di sport lo racconta con passione e un pizzico di ironia. Attualmente dirige il quotidiano "Il Valore Italiano".

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