I giudici della Corte d’Assise di Bergamo hanno rigettato la richiesta avanzata dai difensori di Massimo Bossetti: non potranno avere accesso ai reperti del processo conclusosi con la condanna all’ergastolo del muratore di Mapello per l’omicidio della tredicenne Yara Gambirasio. I difensori non potranno nemmeno effettuarne la ricognizione.
La difesa aveva avanzato l’istanza in vista di una possibile revisione della sentenza, ma la Procura orobica si era opposta alla richiesta.
In sostanza i difensori di Bossetti, Claudio Salvagni e Paolo Camopirini non potranno avere accesso ai corpi di reato e nemmeno ai Dvd con la raccolta fotografica eseguita dai carabinieri del Ris nell’ambito delle indagini, né alle “caratterizzazioni” dei profili genetici del Dna eseguiti dagli stessi Ris e dalla Polizia giudiziaria.
Durante l’udienza dello scorso 19 maggio era stato confermato che la traccia 31 G20, trovata sui leggins della ragazza uccisa, con il Dna che fu attribuito a Bossetti, considerata la prova regina a suo carico, era sostanzialmente esaurita e la ripetizione dell’esperimento, come più volte chiesto dai legali, non più possibile.
I giudici della Corte d’Assise di Bergamo, oltre a rigettare le richieste presentate dagli avvocati di Bossetti, hanno disposto, come richiesto in aula dal procuratore Antonio Chiappani, la trasmissione degli atti alla Procura di Venezia per le “opportune valutazioni”.
Inoltre i magistrati veneziani spetterà il compito di giudicare l’operato di Paolo Camporini e Claudio Salvagni, legali di Bossetti, che sono sotto indagine a seguito della denuncia presentata lo scorso 19 maggio da parte dal magistrato Chiappani: il reato ipotizzato ai loro danni è quello di presunte scorrettezze. Infatti nei mesi scorsi i due difensori avevano presentato un esposto contro i pubblici ministeri di Bergamo.