La presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, in riferimento alla Relazione annuale al Parlamento del Garante per la tutela delle persone private della libertà presentata questa mattina in Senato ha definito il sovraffollamento delle carceri, insieme alla grave carenza di strutture, risorse e personale “uno dei principali ostacoli alla salvaguardia di diritti fondamentali della persona“, tra i quali spiccano quelli all’istruzione, al lavoro o alla sfera degli affetti. Presente a Palazzo Madama anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
“Diritti – prosegue Casellati – che non sono solo guarentigie di una dignità umana che il carcere non può sopprimere, ma anche strumenti irrinunciabili per trasformare la pena in un’occasione di riscatto, recupero e rinascita sociale, come prescrive la Costituzione“.
C’è un tema che in particolar modo sta destando l’attenzione del mondo della politica e della magistratura, ovvero quello legato alla riforma sull’ergastolo ostativo. Il Garante delle persone private della libertà, Mauro Palma, ha definito il testo licenziato dalla Camera “in tensione” con le indicazioni date dalla Corte costituzionale e introduce “disposizioni decisamente peggiorative rispetto alla disciplina su cui essa è intervenuta“.
L’ufficio del Garante Nazionale dei diritti delle persone privata dalla libertà personale ha individuato tre “punti di crisi” sui quali è richiesto un intervento da parte del Parlamento: l’ergastolo ostativo, il carcere anche per pene molto brevi e la malattia psichica.
Al 31 marzo sono 1.822 le persone condannate all’ergastolo, di cui 1.280 all’ergastolo ostativo. “I numeri – ha sottolineato Emilia Rossi, vice dell’autorità garante – dicono che nel nostro Paese l’ergastolo è essenzialmente ostativo: una pena diversa, quasi di specie diversa, rispetto a quelle previste dal codice penale, perché non definitiva bensì sostanziata dal tempo“.
Il secondo punto riguarda l’esecuzione in carcere di pene di breve durata, tali da “non consentire nemmeno l’avvio di un percorso di risocializzazione. Al 7 giugno, sono 1.317 le persone presenti in carcere per scontare una condanna inferiore a 1 anno, 2.467 per una condanna compresa tra 1 e 2 anni. Numeri che secondo la vice garante dovrebbero spingere verso “la ricerca di soluzioni diverse dalla detenzione in carcere“.
Infine, l’ultima criticità è la malattia psichica in carcere: al 22 marzo erano 381 le persone detenute cui è stata accertata una patologia di natura psichica. Patologia che comporta l’inquadramento negli istituti, giuridici e penitenziari, predisposti per affrontarla, “ma la soluzione non è e non può essere solo sanitaria e tantomeno di sola sicurezza: va cercata nel coinvolgimento attivo di figure professionali ulteriori e nuove” conclude Emilia Rossi.