I dieci carabinieri, di cui 6 arrestati e 4 sotto inchiesta, della caserma “Levante” di Piacenza coinvolti nell’indagine della Guardia di Finanza di Piacenza e coordinata dalla Procura sono stati incastrati da circa 75mila tra conversazioni telefoniche, ambientali e messaggi finiti agli atti, prove inconfutabili dalle quali emergono particolari agghiaccianti sul modus operandi di quella che si era autodefinita “un’associazione a delinquere“.
“Al momento si tratta di atti relativi al fatto“, ha riferito il procuratore Militare, Stanislao Saeli, il quale ha aggiunto di aver “proceduto sulla base dei provvedimenti cautelari emessi dalla Procura della Repubblica di Piacenza, da cui sembrano già emergere estremi di reati militari. Agiamo in perfetta sintonia con i colleghi della Magistratura ordinaria per ottimizzare le attività di indagine“.
Uno dei carabinieri arrestati, in una conversazione captata in auto nel quale prometteva ad un altro collega che presto sarebbe entrato a far parte della banda “Che se va bene… ti butto dentro, nel senso a livello di guadagno“, aveva parlato del concetto di “piramide“, utilizzata per i loro loschi affari: “In poche parole abbiamo fatto una piramide: sopra ci stiamo io, tu e lui… ok? Noi non ci possono… noi siamo irraggiungibili“.
Gli inquirenti hanno raccolto conversazioni ambientali di approvvigionamento della droga da parte di un carabiniere, di cessione della stessa attraverso l’aiuto di referente operante nella piazza di spaccio milanese, del contatto con gli spacciatori, della consegna di denaro al graduato dell’Arma quale compenso per il trasporto e la custodia dello stupefacente da piazzare.
Da intercettazione in particolare si evince che nel corso di un arresto effettuato il 27 marzo scorso era stato pestato un pusher al fine di far ammettere allo stesso il reato di spaccio e di far rivelare i luoghi dove deteneva la sostanza stupefacente. Dopo aver rivelato il nascondiglio della “merce” e averlo consegnato, veniva ricondotto in caserma e percosso nuovamente. La droga non veniva posta a sequestro come da prassi bensì consegnata ad uno spacciatore magrebino come ricompensa per la soffiata ricevuta. Inoltre il 2 maggio, viene rivelato che un altro pusher è stato prima sequestrato e poi torturato.
Tra le altre conversazioni registrate dagli investigatori anche quelle per l’estorsione finalizzata all’ottenimento di un’autovettura, con un esplicito riferimento a Gomorra: “…figa, sono entrato attrezzato (ndr armato)…Uno si è pisciato addosso, nel senso proprio pisciato addosso..“, è il racconto al telefono di uno degli intercettati. “L’altro mi ha risposto e l’ho fracassato!!! E poi ho sentito Simone ‘ba , ba’ …fa Simone vicino a lui ‘basta, lascialo stare che quello ti fa male!’ … e io gli ho detto ‘io adesso non ti dico niente, vedi tu quello che devi fare!’ …sai cosa ha fatto? …Metti …Ha fatto vicino all’altro ‘metti le targhe sulla macchina …La targa di prova e portala a Piacenza!’ e ce la siamo portati a Piacenza e l’abbiamo lasciata da tuo papà!!”… ‘no, non hai capito? …hai presente gomorra? …Le scene di Gomorra… guarda che è stato uguale! …ed io ci sguazzo con queste cose! …omissis… tu devi vedere gli schiaffoni che gli ha dato!”
A causa del sequestro dell’intera caserma “Levante“, la prima volta che un fatto del genere accade in Italia, da questa mattina a Piacenza è operativa una stazione mobile, formata da due mezzi, con otto carabinieri e un nuovo comandante. Il furgone dei carabinieri è in via Caccialupo, proprio davanti alla stazione. L’obiettivo del Comando generale dell’Arma è continuare a garantire la funzionalità del presidio al servizio della collettività e per la tutela della legalità.
Inoltre emerge che da un punto di vista giudiziario spetterà alla Procura militare di Verona la competenza sui reati militari commessi nelle regioni Valle d’Aosta, Piemonte, Liguria, Lombardia, Trentino Alto-Adige, Veneto, Friuli Venezia-Giulia, Emilia-Romagna.
Carlo Saccomando