Lo Stato di ordine democratico-pluralista è uno Stato in cui i cittadini coscienti, liberi e rispettosi delle posizioni altrui, ragionevolmente, ascoltano tutti e possono farsi ascoltare da tutti con un solo metodo semplice: quello della civiltà.
Nello Stato d’ordinamento liberaldemocratico a plurimi ventagli d’espressione politica, quindi, non possono non essere condannate le viltà anarcoidi di chi non rispetta il metodo costituzionale – ordinato e sempre ordinante – della civile politicità nonviolenta. Le uova piene di vernice, la rudimentale bomba carta, gli inopportuni insulti estremisti posti in essere dai cosiddetti anarchici e dalle cosiddette anarchiche in danno delle redazioni torinesi dei quotidiani La Repubblica e La Stampa aprono una ferita nella dignità del giornalismo italiano, e con esso nella dignità dell’art. 21 della Costituzione repubblicana, la quale garantisce la libera manifestazione del pensiero in uno spirito nonviolento.
La nonviolenza infatti è un ingrediente edificante in uno Stato come il nostro e in un tempo come il nostro in cui i grossi problemi e i tanti drammi possono essere affrontati senza rivolte né rappresaglie, senza partigianerie munite di oggetti atti ad offendere e senza uova piene di vernice, senza odio tra categorie e senza retoriche filo-eversive.
Quasi trenta persone si sono presentate la mattina del 24 novembre in via Lugaro a Torino, davanti alla sede in cui operano le redazioni dei due rinomati quotidiani, e hanno posto in essere un teatrino inaccettabile e ingiustificabile. E purtroppo non è la prima volta che accadono fatti di questo genere nel capoluogo torinese.
Nel volantino che dovrebbe rivendicare l’azione del lancio di insulti, di uova con vernice e della bomba carta rudimentale si legge quanto segue: “I terroristi siete voi! – Voi, che terrorizzate la popolazione manipolando l’informazione secondo quanto vi viene commissionato da chi comanda – Voi, che coprite con un complice silenzio quanto il potere non vuole che si sappia, come la strage nelle carceri italiane dello scorso marzo, con 13 morti ammazzati e centinaia di recluse e reclusi massacrati di botte – Voi, che indottrinate l’opinione pubblica alla criminalizzazione di chi si ribella alle leggi della discriminazione, dello sfruttamento e della morte”.
I cosiddetti anarchici e le cosiddette anarchiche non rappresentano affatto le esigenze materiali delle persone che in questo momento stanno soffrendo economicamente, e nemmeno le esigenze della giustizia giusta dentro e fuori le carceri. Lo Stato di diritto umano, umanista e umanizzante non potrà mai essere rappresentato da simili manifestanti sub-nichilistici che sanno neo-assolutizzare soltanto i linguaggi della violenza urbana, e mai quelli della resilienza.
Le esigenze di far evolvere o comunque di effettivizzare le garanzie procedimentali e processuali di uno Stato responsabilizzato, ottimizzato e umanizzato nelle sue – attualmente lente e talvolta distorte – dinamiche burocratiche non potranno mai essere opportunamente rappresentate da piccoli insediamenti sub-cultuali di fanatismo anarcoide.
Quei diversamente coscienti, di una autoreferenziale, presuntuosa e pretestuosa nonché lesiva coscienza incivile non si ritrovano nei valori dello Stato di diritto pluralista, che ama il dialogo multiculturale e non il fanatismo settario. Sono liberi di non rispecchiarsi in questi valori in cui io e tanti altri crediamo, ma non sono liberi di agire con metodi a-civili verso le sedi di due quotidiani di aperta cultura liberale e democratica.
Uno: consiglierei a quei cosiddetti anarchici di studiare Bakunin con una visione meno anacronistica. Due: consiglierei loro di ascoltare meglio le canzoni di un sociopoeticamente “anarchico” che ha saputo comunicare amore attraverso i chiaroscuri plurimi e libertari della vita pratica come Fabrizio De André. Tre: consiglierei di provare a guardare negli occhi i tanti giornalisti che, innamorati della verità storica e della riflessione critica, si sforzano di comunicare ciò che accade e al contempo di lasciar traccia del loro esser stati al mondo come spiriti pensanti irripetibili in perenne indagine meditativa.
Il giornalismo può contribuire alla edificante liberazione del cittadino dall’istinto disfattista e involuzionista di ritornare suddito rimanendo decresciuto, chiuso e ignorante nei propri pregiudizi anti-tutto.
No, i terroristi non sono quei giornalisti della onorata città di Torino, principessa italica delle civili libertà valdesi e non solo nella storia. Ci sono giornalisti che come tanti altri lavoratori sbagliano, ma gli incivili attacchi del fanatismo antipolitico generalista e massimalista non contribuiscono a rendere la giusta giustizia alle vittime di ogni eventuale mala-informazione e di ogni eventuale mala-giustizia. I terroristi sono quelli che non accettando l’esistenza di altri modi di pensare, invece di confutare con argomentazioni e contro-argomentazioni civili scelgono il bieco metodo della dimostrazione platealmente irragionevole, insulsamente malvagia.
Non ci tocca che augurare buon lavoro alla Digos, a prescindere dal se e dal come i recenti atti torinesi possano essere qualificati – culturalmente, politologicamente, giuridicamente – atti specificamente piegati al metodo del terrore.
Luigi Trisolino