Giovanni Brusca torna libero: dopo 25 anni di reclusione per l’ex boss di Cosa Nostra e fedelissimo di Totò Riina si aprono le porte del carcere di Rebibbia. Il 64enne par lo Stato italiano ha finito di scontare la propria pena detentiva. Era stato condannato a 26 anni di carcere ma ha usufruito di 80 permessi premio ed è stato scarcerato con un mese e mezzo di anticipo (45 giorni) perché ha beneficiato di uno sconto di pena per buona condotta.
Ora però si apre un caso complicato di gestione della libertà del boss e dei suoi familiari: sarà sottoposto a controlli e protezione ed a quattro anni di libertà vigilata, come stabilito dalla Corte d’Appello di Milano.
Arrestato dagli agenti della Squadra mobile il 20 maggio del 1996 a Cannatello, frazione marittima in provincia di Agrigento, in quanto ritenuto l’autore materiale della strage di Capaci e colui in quale sciolse nell’acido il piccolo Giuseppe di Matteo, figlio del collaboratore di giustizia ed ex mafioso Santino Di Matteo.
Dopo l’arresto, alla prospettiva di trascorrere in carcere il resto della vita, è diventato collaboratore di giustizia: ha rivelare i retroscena e i particolari dei numerosi delitti e attentati avvenuti Roma e Firenze nel 1993. Grazie alle sue rivelazioni presero il via numerosi procedimenti che hanno incrociato pure i percorsi dell’inchiesta sulla “trattativa” tra Stato e mafia.
In una dichiarazione rilasciata diversi anni fa lo stesso Brusca affermava: “Ho ucciso io Giovanni Falcone. Ma non era la prima volta: avevo già adoperato l’auto bomba per uccidere il giudice Rocco Chinnici e gli uomini della sua scorta. Sono responsabile del sequestro e della morte del piccolo Giuseppe Di Matteo, che aveva tredici anni quando fu rapito e quindici quando fu ammazzato. Ho commesso e ordinato personalmente oltre centocinquanta delitti. Ancora oggi non riesco a ricordare tutti, uno per uno, i nomi di quelli che ho ucciso. Molti più di cento, di sicuro meno di duecento”.
Soprannominato ‘u verru , il porco, il 23 maggio 1992 fu colui il quale premette il pulsante del telecomando che azionò la bomba composta da 500 kg di tritolo, posizionata in un cunicolo di scolo dell’acqua piovana sotto un tratto dell’autostrada A29, quella che collega Palermo a Mazara del Vallo. Nell’attentato persero la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e i tre agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Senza dimenticare le 23 persone ferite.
Il 23 novembre del 1993 ordinò il rapimento di Giuseppe Di Matteo, 12 anni, che avvenne in un maneggio di Piana degli Albanesi. Secondo quanto dichiarato dal pentito Gaspare Spatuzza il ragazzino fu facilmente ingannato dai sequestratori che per mettere il atto il piano diabolico si travestirono da agenti della Dia. L’intento del sequestro fu quello di indurre Santino Di Matteo a ritrattare le sue rivelazioni sulla strage di Capaci e sull’uccisione dell’esattore Ignazio Salvo.
Quando Brusca venne condannato all’ergastolo per l’omicidio di Ignazio Salvo, questi ordinò a Enzo Brusca, Vincenzo Chiodo e Giuseppe Monticciolo di uccidere il ragazzo, che venne prima strangolato e poi disciolto nell’acido l’11 gennaio 1996, dopo 25 mesi di prigionia.
Nonostante fosse stata annunciata da tempo, la notizia della scarcerazione sta suscitando numerose reazioni critiche da parte dei familiari delle vittime, da importanti esponenti della politica e della società civile.
“Umanamente è una notizia che mi addolora, ma questa è la legge, una legge che peraltro ha voluto mio fratello e quindi va rispettata. Mi auguro solo che magistratura e le forze dell’ordine vigilino con estrema attenzione in modo da scongiurare il pericolo che torni a delinquere, visto che stiamo parlando di un soggetto che ha avuto un percorso di collaborazione con la giustizia assai tortuoso. Ogni altro commento mi pare del tutto inopportuno”. Lo ha dichiarato Maria Falcone, sorella del giudice Giovanni Falcone.
“La stessa magistratura – ha spiegato Maria Falcone – in più occasioni ha espresso dubbi sulla completezza delle sue rivelazioni, soprattutto quelle relative al patrimonio che, probabilmente, non è stato tutto confiscato: non è più il tempo di mezze verità e sarebbe un insulto a Giovanni, Francesca, Vito, Antonio e Rocco che un uomo che si è macchiato di crimini orribili torni libero a godere di ricchezze sporche di sangue”.
“Autore della strage di Capaci, assassino fra gli altri del piccolo Giuseppe Di Matteo, sciolto nell’acido perché figlio di un pentito. Dopo 25 anni di carcere, il boss mafioso Giovanni Brusca torna libero. Non è questa la “giustizia” che gli Italiani si meritano”. Così il leader della Lega Matteo Salvini.
La scarcerazione di Brusca “é stato un pugno nello stomaco che lascia senza respiro e ti chiedi come sia possibile. La sorella di Falcone ricorda a tutti che quella legge applicata oggi l’ha voluta anche suo fratello, che ha consentito tanti arresti e di scardinare le attività mafiose, ma è un pugno nello stomaco”. È il commento del segretario del Pd, Enrico Letta, intervistato a Rtl 102.5.
“Il boss di Cosa Nostra Giovanni Brusca – lo “scannacristiani” che ha “commesso e ordinato personalmente oltre centocinquanta delitti, ha fatto saltare in aria il giudice Falcone e la sua scorta e ha ordinato di strangolare e sciogliere nell’acido il piccolo Di Matteo – è tornato libero. È una notizia che lascia senza fiato e fa venire i brividi!”. Afferma su Twitter la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni. “L’idea che un personaggio del genere sia di nuovo in libertà è inaccettabile, è un affronto per le vittime, per i caduti contro la mafia e per tutti i servitori dello Stato che ogni giorno sono in prima linea contro la criminalità organizzata. 25 anni di carcere sono troppo pochi per quello che ha fatto. È una sconfitta per tutti, una vergogna per l’Italia intera”.
Paola Taverna, vicepresidente del Senato ed esponente del Movimento 5 stelle su Twitter scrive: ” La scarcerazione di Brusca riapre una ferita dolorosa per tutto il Paese. Una vergogna senza pari, un insulto alla memoria di chi è caduto per difendere lo Stato. Serve subito una nuova legge sull’ergastolo ostativo. Nessun passo indietro davanti alla Mafia”.
Per l’attore Luca Bizzarri la colpa di questa scarcerazione è da imputare ad una legge voluta dagli italiani: “Nel grande Twitter della politica italiana oggi non c’è un nostro rappresentante che racconti perché Brusca sia libero, ma ci si indigna, ci si indigna tantissimo, come se a liberarlo fosse stata la Spectre, e non una legge italiana voluta dagli italiani”.
Non usa mezzi termini il senatore pentastellato Maurizio Santangelo, membro della Commissione Affari costituzionali e della Commissione bicamerale per l’infanzia e l’adolescenza, che asserisce: “La scarcerazione di Brusca è una notizia umanamente inaccettabile. Un’offesa alla memoria di chi ha dato la propria vita per difendere lo Stato. Serve subito una nuova legge sull’ergastolo ostativo. La mafia è una montagna di merda e va contrastata con ogni mezzo!“.