Oggi, prima giornata delle Paralimpiadi di Tokyo 2020, è arrivata la prima medaglia per l’Italia: l’ha conquistata il nuotatore Francesco Bettella nei 100 metri dorso, categoria S1. Il padovano si è classificato al terzo posto dopo l’ucraino Anton Kol, argento, e l’israeliano Iyad Shalabi, sul più alto gradino del podio.
Per l’azzurro si tratta della terza vittoria paralimpica: a Rio de Janeiro, nel 2016, aveva vinto due argenti nei 50 e 100 metri dorso nella stessa categoria.
L’atleta veneto, tesserato presso l‘Associazione Sportiva Civitas Vitae Sport Education della città di Padova, soffre di una neuropatia genetica che lo ha reso tetraplegico. Nel 2004 Bettella ha iniziato la sua avventura tra le vasche della piscina grazie a suo padre, fisioterapista. Egli infatti vedeva in questa disciplina una cura efficace contro la sua malattia.
L’atleta azzurro si è appassionato così tanto al nuoto da riuscire ad entrare nella squadra Nazionale nel 2009, in occasione degli Europei a Reykjavik. E’ proprio durante questa competizione che ha dimostrato il suo grande talento, conquistando il posto in finale in tutte le competizioni di cui ha fatto parte.
Da allora, anno dopo anno, il padovano è stato in grado di raggiungere una serie di successi e medaglie, migliorando in ogni competizione le sue prestazioni in vasca.
Nella cerimonia di apertura avvenuta ieri, il tema verteva sull’avere ali che permettano di credere in un sogno e poter volare insieme ad esso. Francesco Bettella rappresenta a pieno questo concetto. Non solo infatti non si è mai arreso davanti propri ostacoli fisici, ma si è impegnato talmente tanto per realizzare un obiettivo – le competizioni di nuoto – da riuscire a diventare un atleta di livello mondiale.
Mentre raggiungeva successi da una piscina a un’altra, in giro per il mondo, il campione padovano è riuscito a conseguire la laurea triennale in Ingegneria Meccanica presso l’Università della sua città.
Questo è l’esempio lampante di come l’atleta azzurro di origine veneta voglia rappresentare un esempio per le future generazioni, invogliandole non solo ad avvicinarsi allo sport paraolimpico, ma a realizzarsi anche in ogni settore che appassioni.
Così, Bettella ricorda a tutti noi quanto i limiti siano nella propria mente: i successi, invece, non conoscono confini.