La festa della Befana è tradizionale in Italia e meno sentita nel resto del mondo. La tradizione odierna è probabilmente l’evoluzione di un rito pagano legato all’agricoltura che si fa risalire al X-VI secolo a.C. con il quale si ringraziava per il raccolto dell’anno prima e ci si augurava un buon anno nuovo. E’ importante sapere che a partire dal IV sec. d.C. la Chiesa di Roma iniziò a condannare tutti i riti pagani. Si pensava che dietro essi ci fossero influenze sataniche. Da qui il passaggio alla figura apparentemente malevola della Befana, tuttora rappresentata come una figura cattiva e “brutta” ma allo stesso tempo buona. Infatti, secondo la tradizione popolare nella notte fra il 5 ed il 6 gennaio la Befana, un’anziana donna che indossa vestiti logori e vola su una scopa, fa visita ai bambini e dona loro dolci o carboni a seconda che siano stati bravi o cattivi nell’anno passato.
L’arrivo della Befana, rappresentava per molti popoli antichi con l’inizio del nuovo anno. E i riti si sprecavano: alcune popolazioni bruciavano un pezzo di legno per esorcizzare le privazioni del passato, altri si sedevano a tavola tenendo vicino i propri animali di allevamento per evitare che questi imparassero a parlare. Per i Romani, invece, tra la fine di dicembre e il 6 gennaio la dea Diana volava sui campi coltivati per renderli fertili, portando in regalo ai più piccoli frutta o dolci antichi. È evidente, quindi, che il cibo ha da sempre rivestito un ruolo importante per le celebrazioni di questa festa. E oggi cosa si mangia il 6 gennaio in giro per l’Italia?
Specialità del Nord Italia
In quasi tutte le regioni ci sono delle ricette della tradizione che continuano a vivere. E molte sono legate a dolci immancabili sulle tavole degli italiani. In Piemonte, soprattutto nella zona di Cuneo, non manca mai la Fugassa d’la Befana, dolce a impasto morbido che per la sua forma ricorda una margherita, che come tutte le eredità antiche che si rispettino conserva un’originalissima tradizione: al suo interno vengono nascoste una fava bianca e una nera. Chi le trova, però, non vince niente, anzi paga pegno per tutti. Il malcapitato che becca la fava bianca, infatti, è quello che deve a saldare le spese della focaccia, quello a cui tocca la fava nera, offre da bere. Restando nel nord Italia, nelle cucine del Veneto il giorno dell’Epifania ecco la pinsa, specie di pizza di polenta fatta con farina di mais e frutta secca, mentre in Lombardia, in provincia di Varese, ci sono i cammelli di pasta sfoglia, vengono ricoperti di zucchero prima di essere infornati. Andando verso la Liguria ci si imbatte nei tradizionali anicini (anexin in dialetto) biscotti antichissimi serviti durante tutte le festività natalizie accompagnati da un vino dolce nel quale si intingevano, e nella ciambella dei Re Magi, ricoperta di canditi, uvetta e zucchero.
Specialità del Centro Italia
In Toscana, si preparano per l’occasione i cavallucci di Siena, biscotti morbidi con acqua, zucchero, miele, canditi, anice, noci e lievito, mentre in Versilia ci sono i cosiddetti befanini, frollini a base di agrumi e rhum, ricoperti di granella colorata, tipici delle zone di Lucca e Viareggio. Tipici della zona di Ancona, nelle Marche, sono invece le pecorelle, dolcetti di pasta sfoglia di svariate forme e farciti con marmellata, frutta secca, noci tritate o fichi secchi. In Abruzzo, invece, l’Epifania fa rima con pepatelli, biscotti simili ai cantucci tipici della provincia di Teramo (e del Molise) preparati non solo per il 6 gennaio, ma durante tutte le festività, a partire dal Natale. Il loro nome deriva dalla ricetta, in quanto tra gli ingredienti c’è il pepe nero, accompagnato da miele, farina, cacao, mandorle e bucce d’arancia.
Specialità del Sud Italia
In Campania è tradizione la preparazione della prima pastiera dell’anno, e gli stuffoli, dolce è composto da numerosissime palline di pasta (fatte con farina, uova, zucchero e liquore all’anice), fritte nell’olio o nello strutto, avvolte in miele caldo e servite in insieme in un piatto formando una ciambella, da decorare infine frutta candita o confetti colorati. In Puglia, ancora, ci sono i purcidduzzi salentini e le cartellate baresi, fatte con impasto di farina, olio e vino bianco secco dal quale si ricavano delle fettucce di pasta che vengono modellate a comporre una spirale, con un disegno che ricorda una rosa, ricca di piccole concavità e interstizi che, dopo la friggitura devono raccogliere il vino (o mosto) cotto o il cotto di fichi. In Salento, con un impasto simile, si ricavano i purcidduzzi, detti anchestrufoli, a forma di piccoli gnocchi o cavatelli, con superficie liscia o rugosa, che dopo la frittura vengono immersi nel miele bollente e successivamente sistemati in un piatto e cosparsi di confettini colorati.