Il governo vara lo stop alle "porte girevoli" per magistrati che passano dalla politica ai tribunali
Il Consiglio dei ministri ha approvato all’unanimità la riforma del Consiglio superiore della magistratura, che prevede anche lo stop alle cosiddette “porte girevoli”, la possibilità cioè per un giudice di passare disinvoltamente dalla politica ai tribunali e viceversa. E’ stato lo stesso presidente del consiglio Mario Draghi ad annunciarlo durante una conferenza stampa: “E’ stata una discussione ricca e condivisa, ma anche lunga“, ha rivelato il premier, che ha aggiunto: “le differenze tra i partiti restano ma c’è un impegno corale a raggiungere un testo concordato in tempi utili per l’elezione del nuovo Csm“. Il rinnovo del Consiglio è fissato per luglio.
“E’ una riforma dovuta – ha detto il ministro della Giustizia Marta Cartabia – dovuta alla grande maggioranza di giudici che lavorano in silenzio, e ai cittadini che devono recuperare fiducia nella magistratura“. Una urgenza ribadita anche dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel suo discorso di insediamento a Montecitorio. Quanto ai possibili mal di pancia delle toghe, la guardasigilli è netta: “è una riforma esigente nei confronti della magistratura, ma la magistratura ha bisogno di recuperare credibilità“. Il testo, che è un emendamento al disegno di legge delega presentato dall’ex ministro Bonafede, adesso sarà discusso dal Parlamento e probabilmente modificato. Draghi esclude il ricorso alla fiducia.
All’interno c’è lo stop alle “porte girevoli“, attraverso il divieto per i magistrati di tornare alla giurisdizione dopo una esperienza in un ruolo elettivo o di governo. Oggi è stata introdotta una modifica alla bozza già frutto di lunghe discussioni durate mesi: il divieto al rientro in magistratura dopo incarichi tecnici, non elettivi, scatta solo se l’incarico durerà almeno un anno. Si è messo mano anche al sistema di elezione del Csm, in modo da evitare accordi tra correnti.
Il commento a caldo della Lega è affidato a Giulia Bongiorno: “E’ solo un punto di partenza, il testo dovrà essere migliorato in Parlamento – afferma la senatrice, responsabile del Dipartimento Giustizia della Lega – ma un cambiamento radicale sarà possibile solo grazie ai referendum“. Insomma, la Lega avverte: il parlamento non cerchi di bloccare i referendum.