Posto all’interno del Parco Nazionale dell’Aspromonte, il borgo di Gerace conserva ancora oggi il suo aspetto medievale. In provincia di Reggio Calabria, il paese è strettamente collegato alla cristianità, infatti è ricco di chiese e monasteri. Svetta dall’alto della rupe di arenaria su cui si trova arroccato e gode di una posizione privilegiata e di una vista incredibile sul Mar Ionio e sul territorio della Locride. Il piccolo centro calabrese conta circa 2600 abitanti ed è immerso in un’atmosfera medievale sospesa nel tempo.
Il suo nome dalle origini greche significa “sparviero” e leggenda vuole che fu proprio un rapace a scegliere la posizione dove sarebbe sorto il villaggio: Gerace vanta una posizione nascosta e riparata, che si è rivelata sufficientemente strategica nel corso degli eventi storici che hanno coinvolto la città e che le permettono ancora oggi di mantenersi fuori dalle rotte più turistiche e di conservare intatto il suo fascino antico. La perfezione delle sue chiese, dei suoi palazzi storici e dei suoi monumenti ed il loro integrarsi armonioso con il paesaggio circostante sono valsi alla città il diritto ad entrare nella classifica dei Borghi più belli d’Italia.
Meritano sicuramente una visita il castello e la cattedrale. Quest’ultima, dedicata Santa Maria Assunta di Gerace e consacrata al culto nel 1045, è una delle più rinomate costruzioni normanne della Calabria. E’ stata dichiarata bene architettonico di interesse nazionale. In essa gli stili bizantino-romanico-normanni si fondono, rendendone pira meraviglia sia gli esterni che il meraviglioso ambiente interno a tre navate.
Il castello, invece, è posizionato in cima all’ambra rocciosa intorno alla quale si sviluppò il borgo, fu edificato durante il VII secolo d.C. e la sua esistenza è testimoniata già nel X secolo d.C. quando fu devastato, principalmente a causa dei terremoti, insieme alla città dai bizantini.
La sua ristrutturazione e fortificazione avvenne con la venuta dei normanni, intorno al 1050. Interessanti sono soprattutto i resti dell’imponente torrione centrale, a pianta cilindrica, di lunghi basamenti monolitici e di pareti realizzate con blocchi megalitici.
Circondato da possenti mura difensive, possedeva ingegnosi sistemi di canalizzazione delle acque piovane, che confluivano nel grande pozzo centrale. All’interno dell’area del castello vi era anche un piccolo oratorio bizantino con abside arricchita da pregevoli decorazioni pittoriche e che rimase funzionante fino al XVII secolo.
Delle dodici porte che originariamente si aprivano sulle mura del nucleo storico del paese ne sono sopravvissute soltanto quattro: Porta dei vescovi o della Meridiana, prossima alla Cattedrale-Porta Santa Lucia-Porta Maggiore-Porta del sole.
Degne di nota sono anche la Chiesa di San Francesco e la Chiesa di San Giovannello oltre che quelle del Sacro Cuore, di Santa Maria di Monserrato e molte altre. Tra i conventi principali, decisamente suggestivi sono il convento dei Cappuccini e quello dei Minori Osservanti.
Per innamorarsi definitivamente di Gerace niente di meglio che ammirare l’accogliente Piazza del Tocco sulla quale si stagliano Palazzo Calceopulo, Palazzo Migliaccio e Palazzo Macrì. Percorrendo, poi, i caratteristici vicoli di Gerace possiamo ammirare numerosi archi a “volta a giustini”, costruiti con una originale tecnica tipica del luogo. La tecnica consisteva nel costruire l’arco facendo una gettata di calce su una struttura di canne intrecciate, allo stesso modo con cui vengono intrecciati i tipici cestini, chiamati “giustini”.
Dulcis in fundo la cucina. Quella geracese, come del resto tutta quella calabrese, è fatta di sapori intensi. Nei ristoranti si possono gustare diverse pietanze: dai mille modi di cucinare il maiale alla pasta tirata in casa con il sugo di capra. Comunemente usate sono melanzane, zucchine e peperoni che si possono gustare ripieni o in peperonata. Ottime sono anche le frittate di asparagi selvatici, le cicorie selvatiche, minestre le caratteristiche. Da non perdere i formaggi e alcuni dolci particolari come la cicerata, a base di ceci lessi, miele e cannella.
Piero Abrate