Tornata in Italia Alessia ha scoperto che Fahimeh Karimi è stata condannata a morte: "Cosa serve per fermare tutto questo? Cosa c***o serve?"
Fahimeh Karimi è un’allenatrice di pallavolo e madre di tre figli alla quale è stata inflitta la pena di morte in Iran. L’accusa rivolta nei suoi confronti da parte del governo è quello di essere una delle leader delle proteste e di aver picchiato un membro dei paramilitari Bassij durante i disordini nella città di Pakdasht, nella provincia di Teheran. Motivo per cui è stata prima arrestata e poi trasferita nel carcere di Evin, dove ha incontrato Alessia Piperno, sua compagna di cella per 34 giorni.
Come è noto la 30enne italiana, dopo 45 giorni di detenzione, grazie al lavoro della diplomazia italiana e dei servizi di intelligence è rientrata in patria. Sorte decisamente più fortunata della donna con cui ha condiviso oltre un mese di prigionia e che, secondo quanto riferito dalla Commissione delle Donne all’interno del National Council of Resistance of Iran, sarebbe stata condannata a morte.
Ma Alessia non si è dimenticata della sua compagna e ieri le ha dedicato un lungo post su Instagram, carico di emozioni, nel quale ha ripercorso parte di quanto vissuto insieme: “Fahimeh è stata la mia compagna di cella per 34 giorni. Un giorno è uscita dalla cella per andare in infermeria, e non è più tornata. Tra di noi non ci sono state grandi conversazioni, dal momento che io non parlavo farsi e lei non parlava inglese. Ma eravamo unite dallo stesso dolore e dalle stesse paure“.
Poi la tragica scoperta in Italia sulla sorte di Fahimeh: “Ho cercato il suo nome ogni giorno da quando sono tornata, per controllare se avessero liberato anche lei. Invece mi sono trovata davanti a un articolo con il suo volto con scritto “condannata a morte”. Cosa serve per fermare tutto questo? Cosa c***o serve?“
“Sei bianca come quel muro, sarà che a forza di guardarlo, ha mangiato i tuoi respiri. – scrive Alessia – Siamo nascoste in un punto cieco qui, le tue urla sono come il silenzio, fai a pugni con la porta e calpesti le tue stesse lacrime. “AZADI! AZADI!” Ti canto Bella ciao, e tu ti metti a piangere, altre volte mi batti le mani. Vorrei dirti di più, ma che ti dico? Ho paura, anche io. “Fatimah, Athena, Mohammed”. Continui a gridare i nomi dei tuoi figli, avranno sentito il tuo eco o l’amore non viaggia attraverso le sbarre?
“Aprono quella porta perché fai troppo rumore, ma siamo carne senza vita noi, e ci schiacciano come foglie secche, ascolta, loro non hanno cuore. Ti butti a terra con la testa tra le mani, premi con le dita contro le tue tempie, vuoi strappare i tuoi pensieri, farli uscire dalle tue orecchie, sono sabbie mobili, lo so bene. – dopo i tormenti della mente Alessia prova a trasmettere speranza all’amica – Domani è un giorno nuovo, magari saremo libere, anche se si, hai ragione, te l’ho detto anche ieri. Arriva la pasticca che ci canterà la ninna nonna, ti prendo la mano, è quel poco che posso fare, metti la testa sotto la coperta, almeno lì le luci sono spente, guarda il cielo, le vedi anche tu le stelle? Buona notte Fahimeh“.