BRESCIA. Addio al filosofo Emanuele Severino. Si è spento a Brescia lo scorso 17 gennaio ma la notizia è stata diramata soltanto oggi, per sua volontà. Il filosofo, che avrebbe compiuto 91 anni il 26 febbraio, è stato già cremato.
Severino, era considerato uno dei più grandi filosofi, scrittori e intellettuali viventi. Di convinzioni radicali, ha sovente criticato sia il capitalismo, sia il comunismo, ma anche la sinistra in quanto “non è più socialdemocrazia”. Nei tanti libri pubblicati e nelle tante conferenze tenute, la sua riflessione si è sviluppata intorno a un unico problema: quello del divenire e della morte. Con un solo, grandioso, obiettivo: negarne l’esistenza. Il problema degli uomini è la credenza del nulla, l’illusione che tutto ciò che esiste, prima non ci fosse e poi non ci sarà.
Nato a Brescia, si è laureato a Pavia nel 1950 con una tesi su Heidegger. Iniziò a insegnare filosofia teoretica l’anno successivo, spostandosi poi alla Cattolica di Milano. Tra i suoi allievi, il futuro cardinale Angelo Scola, ma anche Umberto Galimberti, Carmelo Vigna, Luigi Ruggiu, Salvatore Natoli, Italo Valent: molti avrebbero insegnato nello stesso ateneo. Numerosi i libri scritti dagli anni Cinquanta in poi: uno, “Ritornare a Parmenide”, causò una serie di polemiche negli ambienti religiosi, tanto che su richiesta dello stesso Severino venne istruito un processo dall’ex Sant’Uffizio, che dichiarò la sua filosofia incompatibile con il cristianesimo, costringendolo a lasciare l’Università Cattolica di Milano e trasferirsi a Venezia.
Per molti anni ha inoltre collaborato col Corriere della Sera. Negli ultimi anni aveva scritto libri più divulgativi su vari temi fra cui la politica e il sistema economico capitalistico.