A pochi giorni dalla scomparsa di Diego Armando Maradona il 2020, anno funesto sotto numerosi punti di vista, si porta via un’altra luminosa stella del firmamento calcistico, capace di segnare indelebilmente la storia azzurra: l’eroe Mundial di Spagna ’82 Paolo Rossi è morto all’ospedale Santa Maria delle Scotte di Siena dove era ricoverato da qualche tempo dopo il fulmineo peggioramento di una terribile malattia, diagnosticata in primavera, che lo aveva colpito ad un polmone.
Conosciuto da molti col soprannome di Pablito, nomignolo coniato in occasione del Mondiale in Argentina del 1978, anno in cui venne convocato a sorpresa da un’altra leggenda del calcio italiano come il CT Enzo Bearzot, Rossi si è trasformato da uno dei tanti possessori del cognome più diffuso nel Belpaese all’unico e inimitabile Paolo Rossi dopo la vittoria del terzo mondiale nella storia della Nazionale.
Nell’82 l’ex attaccante di Juventus, Como, Lanerossi Vicenza, Perugia, Milan e Verona era stato tra i protagonisti indiscussi della cavalcata azzurra verso il tetto del mondo. Capocannoniere della competizione, con 6 centri, nominato Pallone d’Oro in quel mondiale ma soprattutto fu il terzo calciatore italiano nella storia ad essere insignito del Pallone d’Oro, dopo Sivori e Rivera. Dopo di lui solo Roberto Baggio e Fabio Cannavaro furono in grado di ripetere l’impresa.
Nella Juventus dal 1981, anche se va specificato che militò nelle giovanili bianconere dall’età di sedici anni, più precisamente dal 1972 al 1975, Paolo inaugurò il primo dei quattro anni consecutivi nei quali l’ambito riconoscimento istituito dalla rivista sportiva transalpina France Football venne conquistato da un giocatore in maglia bianconera (1 Rossi e 3 Michel Platini). Con il club torinese vinse 2 scudetti, da protagonista nel ’83/’84 e quello dell’ ’81/’82 nel quale disputò solo 3 match a causa di una squalifica per calcioscommesse, di 24 mesi, inflittagli con l’accusa di aver truccato la partita Avellino-Perugia, 1 Coppa dei Campioni (’83/’84), 1 Coppa Italia (’82/’83), 1 Coppa delle Coppe (’82/’83) e 1 Supercoppa Uefa (1984).
Ma sarebbe riduttivo celebrare questo calciatore solo in funzione della vittoria al Mondiale, Rossi è stato molto di più: eroe gentile e spesso timido in un calcio di altri tempi, che paragonato ai nostri tempi era capace di riservare soprese come quelle della Lanerossi Vicenza capace di vincere un campionato di Serie B nella stagione ’76/’77, manco a dirlo con il centravanti nativo di Prato capocannoniere del torneo con 21 reti, e l’anno successivo da neopromossa di classificarsi contro ogni previsione seconda in Serie A, davanti a big come Torino, Milan, Inter, Napoli e Roma, a soli 4 lunghezze dalla Juventus, vincitrice del suo 18° scudetto, composta da campioni del calibro di Zoff, Scirea, Gentile, Tardelli, Causio, Bettega, Boninsegna e Cabrini, solo per citarne alcuni, che in futuro diventeranno suoi compagni di club e con molti dei quali dividerà le gioie in maglia azzurra. Anche nella stagione ’77/’78 divenne capocannoniere, ma per la prima ed unica volta nel massimo campionato italiano, grazie ai 24 gol siglati in 30 gare.
L’impresa più epica di Pablito fu senza dubbio quella del Mundial iberico nel 1982, non solo per i sei sigilli consecutivi messi a segno a partire dalla tripletta realizzata nel secondo match della seconda fase a gironi della competizione contro il Brasile, con vittoria azzurra per 3-2, passando per la doppietta in semifinale contro la Polonia, fino alla prima rete nell’indimenticabile finale vinta contro la Germania dell’Ovest per 3-1.
Paolo Rossi è entrato per sempre nel cuore degli italiani perché è stato protagonista di una storia di riscatto nella quale ci siamo immedesimati tutti. Una storia che ha raccontato la caduta nel fango di un grande campione dal talento cristallino, a causa dello scandalo scommesse del 1980, che dopo due anni di inattività, grazie al lavoro e alla fiducia di uomini veri come Boniperti, che lo fece tornare alla Juventus, e Bearzot, che lo convocò al mondiale in Spagna nonostante i mille dubbi della vigilia, seppe rialzarsi e guidò una nazione intera verso una vittoria inattesa. E forse per questo ancora più bella.
El hombre del partido della magica notte dell’11 luglio 1982 a Madrid se n’è andato, è sgusciato via velocissimo come solo lui era capace di fare in campo e ci ha lasciato di stucco come gli avversari quando era solito fare gol. Ora ci piace immaginare Pablito entrare in Paradiso e tornare a correre dietro ad un pallone per affrontare nuove straordinarie sfide accanto a compagni di club e Nazionale come Gaetano Scirea o avversari leali come Diego Armando Maradona, spronato da mister Bearzot.
Grazie Paolo per tutto quello che hai fatto per l’Italia e gli italiani, e più in generale per questo straordinario sport. Non lo dimenticheremo, ma soprattutto non ti dimenticheremo.
Carlo Saccomando