Non solo la plastica, come fanno sapere gli scienziati, ma anche altri tipi d’inquinamento marino impediscono ai pesci di vedere, odorare, sentire, e comunicare tra loro. Si tratta dei rumori, delle polveri, e dell’acidificazione. I primi sono prodotti da navi e altri tipi di mezzi, mentre i secondi, di ogni tipo, riducono la limpidezza del mare. La crescente acidificazione delle acque poi, dovuta all’alta concentrazione di anidride carbonica, altera i meccanismi del cervello. Infine, ad aggiungersi, c’è la situazione della pesca intensiva, che riduce il numero di pesci.
Esistono ecologi marini che hanno studiato questi fenomeni, scoprendo, ad esempio, che i merluzzi emettono suoni per parlarsi, ma i rumori li disorientano. E come ai merluzzi, ciò accade anche a 800 specie di pesci che comunicano attraverso il suono. Riguardo alla visibilità, prede e predatori rischiano la sopravvivenza, e alcuni piccoli pesci non si riconoscono tra femmine e maschi, correndo il pericolo di non riprodursi. Inoltre, una parte dell’anidride carbonica immessa nell’atmosfera è assorbita dai mari, e così l’acidità impedisce di sentire e riconoscere gli odori, alterando alcuni tratti del cervello dei pesci, tra cui, ad esempio, gli squali, che usano il naso per procurarsi il cibo. I pesci hanno sviluppato la resilienza sensoriale per adattarsi ai mutamenti dei loro habitat, ma i cambiamenti veloci potrebbero non garantire la sopravvivenza a molte specie.