E’ il 16 gennaio del 1969 quando lo studente cecoslovacco Jan Palach si dà fuoco in piazza San Venceslao a Praga, divenendo il simbolo della resistenza anti-sovietica del suo Paese.
Un anno prima, con l’elezione di Alexander Dubcek a segretario del Partito Comunista cecoslovacco si era iniziata quella che è passata alla storia come “Primavera di Praga”. Dubcek si era impegnato ad avviare un vasto programma di riforme, incontrando però la dura reazione dell’Unione Sovietica. In agosto, le truppe del patto di Varsavia entravano a Praga: l’esperienza ceca veniva repressa militarmente.
Palach e alcuni suoi amici decidono così di manifestare il loro dissenso attraverso una scelta estrema: immolare le proprie vite suicidandosi, sull’esempio dei monaci buddisti che hanno compiuto lo stesso gesto a Saigon contro le repressione del governo sudvietnamita. Quella mattina Palach esce dal suo alloggio universitario nella periferia sud di Praga e si dirige verso il centro città. Nel tragitto imbuca tre lettere, compra due secchi di plastica e li riempie di benzina nei pressi della stazione di Praga Centrale. Nel primo pomeriggio raggiunge la vicina piazza San Venceslao, uno dei luoghi più trafficati della capitale. Si mette vicino alla fontana posta ai piedi della scalinata del Museo Nazionale e si toglie il cappotto. Inspira dell’etere, si versa addosso la benzina e si dà fuoco. Quindi salta un parapetto e si mette a correre in fiamme verso il centro della piazza.. Alla scena assistono numerosi passanti, alcuni dei quali soccorrono subito il ragazzo spegnendo le fiamme con i loro cappotti: è ustionato gravemente su tutto il corpo ma ancora cosciente, e lo resta fino alla morte, tre giorni dopo, il 19 gennaio 1969 alle ore 15,30.
Il suo nome è diventato il simbolo di chi lotta, anche a costo della vita, per la libertà. Dopo la sua morte, ci saranno diverse proteste organizzate dagli studenti contro il partito comunista. “Sono la prima torcia umana”, aveva scritto in una lettera, prima di darsi fuoco. In migliaia prenderanno parte a Praga, al suo funerale il 25 gennaio.
Il giorno dopo la morte un trafiletto di poche righe sulla stampa dà notizia ai cecoslovacchi dell’“insano gesto di uno squilibrato”, ma è subito chiaro quale significato abbia il suo gesto disperato. La lapide che lo ricorda, nel luogo del suicidio, si trova a pochi metri dal balcone dove Dubcek si era affacciato una sera del fatidico 1989 per festeggiare la fine del dominio sovietico.