“Non è che li possiamo utilizzare per fortuna, per esempio, per un’altra Quota 100”. È l’osservazione fatta, a proposito di come impiegare i fondi europei, dal direttore dell’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani Carlo Cottarelli intervenendo in videochat con Gianpaolo Galli e Alessandro De Nicola nella rassegna “Economia in quark – Troppo debito pubblico? Stavolta è la Bce che ci metterà al riparo” del 13 giugno 2020.
Che i fondi europei non potranno essere utilizzati per finanziare un’altra Quota 100, è vero. Serviranno per finanziare la cassa integrazione delle imprese in difficoltà (Fondo Sure), le piccole e medie imprese (Bei), le spese in ambito sanitario (Mes), le spese in infrastrutture, digitale, ambiente (Recovery fund).
Per ricevere i fondi europei (sussidi e prestiti) l’Italia dovrà presentare un Piano (probabilmente il Piano Colao) in cui indica una serie di riforme e di investimenti che intende realizzare con quei fondi. Per avere il via libera, le riforme e gli investimenti dovranno sottostare a delle condizioni stabilite da Bruxelles. Tra queste condizioni ci sono:
Per realizzare i progetti che verranno finanziati dai fondi europei sarà necessario impiegare una forza lavoro decisamente più giovane di quella attuale, un dettaglio questo che nell’ampio scenario di progetti e investimenti da realizzare, e di risorse finanziarie da impiegare, sembra essere sottovalutato dal governo.
Un’analisi sull’andamento dell’occupazione pubblica italiana dal 2008 al 2017, effettuata nel 2019 dall’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani, ha evidenziato che l’età media del personale della Pubblica Amministrazione era di 46,8 anni nel 2008 e di 50,6 anni nel 2017. Il ricambio generazionale che Quota 100 favorirà nella PA dal 2019 al 2021 farà scendere l’età media del personale della Pubblica Amministrazione nel 2022 ben al di sotto dei 50 anni, un’età che nelle aziende private è ritenuta piuttosto critica.
Le rilevazioni Istat hanno registrato, sempre nel 2019, su 23 milioni di occupati, 1 milione di occupati nella fascia di età 15-24 anni, 4 milioni nella fascia 25-34 anni, 9 milioni e 400 mila nella fascia 35-49 anni e 8 milioni e 800 mila nella fascia di 50 anni e più. Sono davvero molti quelli della fascia di età superiore ai 50 anni (appena 600 mila in meno di quelli della fascia 35-49 anni). Per avere una forza lavoro giovane e fresca adeguata a portare avanti i progetti futuri, si dovranno lasciare andare in pensione i lavoratori dai 60 anni in su e aumentare i lavoratori della fascia 25-34 anni.
L’età conta molto nelle aziende. Le aziende si fondono, si vendono, si ristrutturano per adeguarsi alle mutate esigenze del mercato (oggi noi tutti ne siamo diretti testimoni). Cambiano organizzazione e tecnologie. A questi cambiamenti i cinquantenni rispondono con grande inerzia (“ho sempre fatto così, perché devo cambiare?”), col timore di imparare cose nuove (“questa roba non la capisco proprio”), arroccati sulle proprie conoscenze divenute obsolete (“io ne so più di lui, perché devo farmi comandare da chi ne sa meno di me?).
Le ragioni per le quali le aziende tendono a privilegiare i trentenni al posto dei sessantenni risiedono non solo nel fatto che i trentenni costano meno (in termini di salario e di contributi da versare), ma anche per il fatto che i trentenni si adeguano molto più rapidamente dei sessantenni ai cambiamenti che nelle aziende avvengono (soprattutto in tempi attuali) nel giro di poco tempo.
L’Italia ha una forza lavoro vecchia e stanca. L’Italia dovrà realizzare progetti di grande respiro che necessitano di una forza lavoro giovane e fresca. L’Italia ha bisogno del ricambio generazionale. Quota 100 consente il ricambio generazionale e quindi la realizzazione dei progetti indicati da Bruxelles.
In conclusione, è pur vero come dice Cottarelli che i fondi europei non ci consentiranno di avere un’altra Quota 100. Ma è anche vero che senza Quota 100 avremo difficoltà nel ricevere i fondi europei per attuare i progetti. Perché non saremo in grado di realizzarli nei modi e nei tempi come “l’Europa ci chiede” di fare.
Claudio Maria Perfetto