Tanti sono i genitori che considerano i propri figli come “impossibili” da controllare, data la loro eccessiva vivacità ed è così che si diffonde il termine di iperattività. Sarebbe però opportuno fare un po’ di chiarezza e distinguere queste due terminologie, perché spesso si fa molta confusione e si scambia la vivacità per iperattività. È un argomento molto dibattuto e spesso travisato, per tale motivo bisognerebbe mettere un po’ di ordine attorno a queste definizioni.
L’iperattività, o deficit d’attenzione, è un disturbo che insorge nell’età evolutiva e include difficoltà di attenzione, di concentrazione e di controllo degli impulsi. Difficoltà che derivano dall’incapacità del bambino a regolare il proprio comportamento in funzione del trascorrere del tempo, degli obiettivi da raggiungere e delle richieste dell’ambiente.
Tale sindrome – meglio conosciuta con l’acronimo ADHD (Attention Deficit Hyperactivity Disorder) – porta il bambino iperattivo ad essere ingestibile, impulsivo e con un controllo inadeguato dell’attività motoria. Quando si parla di bambino iperattivo si deve pensare ad un bambino che soffre di una psicopatologia che necessita di una diagnosi ben precisa e di un trattamento adeguato. L’ADHD non è quindi “cattiveria” del bambino o il risultato di un percorso educativo fallimentare, come pensano in molti; si tratta di un disturbo complesso, che non va sottovalutato. È una problematica che porta a conseguenze importanti e spesso vengono utilizzati dei farmaci, che intervengono su quelle aree del cervello coinvolte nel disturbo.
Il Disturbo da deficit di attenzione o iperattività è quindi una patologia potenzialmente invasiva, che può favorire l’insorgenza di altri disturbi, come ansia, depressione o disturbo della condotta. Si tratta quindi di una condizione che si differenzia rispetto ad una vivacità anche intensa; un po’ tutti i bambini sono vivaci ed è pertanto importante saper riconoscere i segnali di rischio dell’ADHD.
I bambini con ADHD non riescono a fermarsi, ad autoregolarsi, né a concentrarsi su una cosa sola. Le loro sono difficoltà che si manifestano sempre, in ogni luogo (a scuola, a casa, al parco) e non dipendono solo da stanchezza, agitazione o bisogno di muoversi.
Tale disturbo ha caratteristiche specifiche, ad esempio la disattenzione, o facile distrazione, che si manifesta in genere come scarsa cura per i dettagli, la facilità a dimenticare le cose e la difficoltà a portare a termine un’attività. Un’altra caratteristica è l’impulsività, manifestata nella difficoltà a stare fermi (anche quando seduti), è l’incapacità di valutare le conseguenze delle proprie azioni, quindi vi è il rischio che il bambino intraprenda attività pericolose senza avvertire realmente la presenza del pericolo. Inoltre vi è l’iperattività, quindi l’incapacità a stare fermi, essere impazienti, parlare senza sosta ed essere impulsivi.
In genere l’ADHD deve essere diagnosticata entro i 7 anni di età e si manifestano, per l’appunto, in più contesti. Quindi sarebbe buona cosa osservare i comportamenti del bambino e qualora si dovessero riscontrare alcune delle caratteristiche sopra citate, sarebbe opportuno effettuare una valutazione da uno specialista al fine di effettuare un approfondimento diagnostico in merito.
Il trattamento per l’ADHD implica il coinvolgimento di scuola, famiglia e, ovviamente, del bambino stesso; quindi le strategie terapeutiche possono essere attuate: lavorando individualmente con il bambino, si pongono degli obiettivi e gli si insegnano tecniche di autocontrollo per gestire l’impulsività e migliorando gli aspetti legati all’attenzione; operando con la famiglia, mediante strategie di parent education, cioè vengono fornite tutte le informazioni necessarie affinché i genitori siano consapevoli della patologia del proprio figlio e li si aiuti nel mettere in atto delle strategie efficaci; e occupandosi del contesto scolastico, dove l’insegnante cercherà di adottare piccole strategie finalizzate al comportamento del piccolo e promuovendo tutti gli atteggiamenti inclusivi che possano far sentire il bambino accettato e capito dai propri compagni di classe.
In genere i bambini vivaci sono tantissimi, infatti fra i 3 e gli 11 anni i piccoli sono tendenzialmente pieni di energie, sempre in moto e alla scoperta del mondo. Sono incuriositi da tutto ciò che li circonda: la propria casa, gli ambienti nuovi, compresi i coetanei e gli adulti. Nei casi di bambini vivaci è necessario distinguere se l’irrequietezza eccessiva dipenda solo da un eccesso di stimoli o se sia invece legato ad una richiesta di attenzione. Spesso infatti i bambini diventano capricciosi e vogliono attirare l’attenzione dei genitori, anche in pubblico. In questi casi sarebbe quindi utile programmare delle attività da fare con il bambino; questo aiuterà il bambino ad essere meno irrequieto e a diminuire di molto i capricci.
Secondo gli esperti del settore, sarebbe buona cosa impiegare le energie del bambino vivace in attività costruttive, in modo da permettere al piccolo di sfogarsi giocando in libertà, o proponendogli di fare qualche attività sportiva di suo interesse. Mettere comunque delle regole chiare e spiegate al bambino, ad esempio il non urlare, non essere maleducati, etc.
In genere, si tende facilmente a non dare troppo peso alle parole e questo porta spesso a minimizzare la maggior parte delle cose. È però importante porre l’attenzione su un corretto uso dei termini, in particolar modo quando si ha a che fare con un soggetto in crescita. Questo per far capire che spesso, e involontariamente, la sindrome ADHD viene tirata in ballo nel linguaggio comune, anche se molti bambini considerati iperattivi sono in realtà solo molto vivaci.
È comunque vero che vi sono bambini che appaiono aggressivi, irrequieti, instabili, che non riescono a concentrarsi per più di una manciata di minuti su un’attività, in questi casi sarebbe consigliabile per i genitori preoccupati del comportamento del proprio figlio condividere le loro preoccupazioni con il medico di fiducia o un professionista del settore (pediatra, psicologo, neuropsichiatra infantile), in modo tale da poter definire un eventuale processo diagnostico. Per quanto tutto ciò possa generare ansia e preoccupazione nei genitori, rivolgersi a dei professionisti è fondamentale per garantire ai bambini iperattivi una vita serena.
Valeria Glaray