Il 29 gennaio la chiesa venera la figura di San Valerio, che fu apprezzato vescovo di Ravenna. Guidò la diocesi ravennate dal 788 sino alla morte. Storicamente va ricordato che in quegli anni, l’Italia era provata dalla lunga guerra che aveva opposto per secoli Longobardi e Bizantini, conclusasi solamente nel 774 grazie all’intervento esterno dei Franchi, che si insediarono stabilmente nei territori, facendo generose donazioni al Patrimonio di San Pietro.
Ravenna, antica capitale bizantina d’Italia, continuò a conservare saldissimi legami con l’Oriente. San Valerio, probabilmente appartenente ad una famiglia della nobiltà ravennate, era un vescovo forte, che mal sopportava le ingerenze dei nobili franchi nelle questioni spirituali della sua diocesi. Nell’anno 808, due conti palatini protestarono con il pontefice Leone III e con Carlo Magno del comportamento del prelato, che denunciò le ingerenze di entrambi nelle questioni ravennate. Questo episodio conferma la forza e il grande zelo di Valerio, poco incline ai compromessi.
Viene ricordato ed apprezzato per la grande energia nell’evangelizzazione delle aree paludose della sua estesa diocesi e per le ingenti risorse destinate alla costruzione di nuovi edifici religiosi per assicurare la cura delle anime. Sempre nel campo della difesa della fede, stanziò importanti risorse per combattere l’eresia ariana, molto diffusa soprattutto negli ambienti di cultura longobarda. Alcune delle chiese dell’attuale Emilia Romagna vennero decorate splendidamente con le risorse da lui stanziate.
Morì nell’810, come testimonia una Chronica del 1286. Nel XIII secolo l’arcivescovo Simeone trasferì le reliquie di San Valerio nella basilica di S. Apollinare, edificio al quale concedette una speciale indulgenza “per riverenza verso il beato Valerio“.