Claudio Maria Perfetto autore del libro “L’economista in camice” ci esporrà nel corso delle prossime settimane, a cadenza bisettimanale, degli spunti di riflessione su tre argomenti legati da un file rouge: pensioni, lavoro e ricambio generazionale.
Il lavoro del dottor Perfetto si compone di sette elaborati collegati tra loro da un unico filo conduttore. Una sorta di puzzle in cui ciascun modulo è indipendente e autosufficiente e tutti insieme delineano un disegno coerente e armonico, legando “senza soluzione di continuità” pensioni-lavoro cambio generazionale mettendone in luce il “cosa”, il “come”, il “perché” secondo argomentazioni stringenti. Oggi vi presentiamo la seconda parte delle sette menzionate (clicca qui per leggere la prima parte), nei giorni prossimi a cadenza bisettimanale, martedì e venerdì, troverete i successivi articoli a completamento del ‘puzzle’. Per chi si perdesse parte dei lavori potete ritrovarli nella rassegna stampa che Perfetto aggiornerà di volta in volta al sito www.economatica.it. Il prossimo appuntamento sarà venerdì 10/1/2020.
Pensioni e lavoro sono legate tra loro da una causalità circolare: le pensioni sono pagate con i contributi di chi sta al lavoro, e il lavoro viene creato occupando i posti lasciati liberi da chi va in pensione. Oggi ci troviamo in una situazione economica caratterizzata da bassi livelli di consumo e di produzione. Praticamente di crescita zero. Pertanto, se il numero di lavoratori non può aumentare, non possono esserci contributi sufficienti per pagare nuove pensioni (a meno che Lo Stato non intervenga con la spesa pubblica); e se i lavoratori non possono andare in pensione, non si possono liberare posti per occupare nuovi lavoratori (a meno che lo Stato non intervenga con nuovi investimenti).
Senza l’intervento dello Stato il sistema previdenziale e il sistema occupazionale vanno in blocco. Il vincolo del Patto di Stabilità e di Crescita stipulato tra i Paesi dell’eurozona, obbliga gli Stati a disciplinare la spesa pubblica, la quale non deve aumentare, perché altrimenti fa salire il debito pubblico e si andrebbe contro il Patto di Stabilità. Lo Stato ha quindi strettissimi margini di manovra per incidere sia sul sistema previdenziale che sul sistema occupazionale. Occorre trovare una soluzione alternativa allo Stato, che sia “endogena” (di origine interna) al sistema di produzione e in grado di fornire risorse con cui finanziare le pensioni. Risolto questo problema, si risolverà pure il problema riguardante il sistema occupazionale.
In cosa consiste questa “soluzione endogena” al sistema di produzione? È una soluzione creata dal sistema di produzione stesso: sono, per esempio, i contributi versati dai lavoratori “in bianco”. Ma ci sono anche i contributi non versati dei lavoratori “in nero”: questi sono come quel giacimento di petrolio di cui sia stata accertata l’esistenza e per il quale si stia cercando il mezzo più idoneo per estrarlo. Oltre a tali giacimenti di “evasione contributiva” ce ne sono altri da cui estrarre risorse (es., “evasione IVA”).
Lasciamo per un momento da parte il mezzo e puntiamo i riflettori sulla soluzione. Diciamo che abbiamo trovato le risorse per finanziare nuove pensioni: ora non ci sono più barriere che impediscano l’uscita dal mondo del lavoro. Con l’uscita volontaria dei lavoratori le imprese hanno l’occasione di ridurre i costi, chiedere meno finanziamenti alle banche (non già per investire ma per pagare i salari), aumentare la profittabilità, attuare quel “turnover” che forse attendevano da tempo e che fino ad oggi erano frenate nel realizzare.
I nuovi occupati, potendo confidare su un reddito da lavoro, potranno accedere più facilmente a un mutuo, comprare una casa, elettrodomestici, mobili, insomma generare nuovi consumi, i quali alimenteranno le prospettive da parte delle imprese di vendere i loro prodotti, con ricadute positive sugli investimenti, sull’occupazione e, ancora, sui consumi. Non ci sono più barriere che impediscano l’entrata nel mondo del lavoro. Ma il mercato del lavoro dovrà tenere in debita considerazione l’impatto sull’occupazione esercitato dalla rapida diffusione dell’automazione e della disintermediazione.
Claudio Maria Perfetto