BOLOGNA. Una maxi operazione dei carabinieri ha portato allo smantellamento di due cartelli di imprese di pompe funebri che controllavano le camere mortuarie dei due principali ospedali bolognesi, il Sant’Orsola e il Maggiore. Il trust malavitoso era rsucita a costruire una rete in grado di avere il monopolio nell’aggiudicazione dei servizi funebri. Sono 30 le misure cautelari e 43 le perquisizioni eseguite da 300 militari che hanno sequestrato un patrimonio di 13 milioni di euro tra le province di Bologna, Modena, Ferrara, Rimini e Gorizia.
Coordinate dalla Procura della Repubblica di Bologna, le indagini hanno consentito di disarticolare una vera e propria associazione per delinquere finalizzata alla corruzione e riciclaggio. I due cartelli, come accertato dagli investigatori, si spartivano i servizi nelle camere mortuarie dell’Ospedale Maggiore e del Policlinico Sant’Orsola-Malpighi, ottenendo di fatto il monopolio nel settore.
In base alle prime informazioni giunte dal comando bolognese dell’Arma, ad essere coinvolti erano anche alcuni infermieri che provvedevano a mettere in contatto i familiari dei defunti con i referenti delle agenzie di pompe funebri, presentandole efficienti, economiche e facili da contattare. “Se dopo 20 anni che lavori nella sala mortuaria hai ancora da pagare il mutuo, vuol dire che non hai capito niente”, diceva uno degli infermieri intercettato dagli investigatori.
I referenti delle agenzie, inoltre, contro quanto previsto dalla legge, erano presenti negli ospedali pronti a fornire informazioni e indirizzare i nuovi clienti agli uffici per le pratiche. Al vertice c’erano i capi dei cartelli (un 63enne e un 68enne) delle pompe funebri, che decidevano tutto: le “grandi manovre” delle operazioni, la gestione di una contabilità parallela e dell’investimento degli ingenti guadagni. Tanti soldi, tutti in nero (provenienti da una cassa occulta alimentata con false fatturazioni), per un servizio che per diversi anni ha completamente fatto saltare il mercato.