Nell’evento dei due giorni del “Prime Day”, iniziato il 15 luglio, che il colosso Amazon ha dedicato ai suoi clienti Amazon Prime attraverso offerte esclusive, sono stati migliaia gli addetti Amazon che nel mondo hanno scioperato a causa di condizioni di lavoro insostenibili, paghe da fame, pause monitorate anche per andare in bagno, oltre a danni alla salute per l’aumento della mole di lavoro durante i picchi di produzione. E, mentre in Italia non si fermano le trattative sindacali allo stabilimento di Piacenza, si è protestato in Europa, oltre che in America dove i dipendenti stranieri chiedono all’azienda d’interrompere i legami con le agenzie governative che si occupano di individuare gli immigrati.
Si chiedono condizioni di lavoro rispettose dell’essere umano, e per questa ragione i sindacati italiani stanno procedendo, a livello globale, per un adeguamento degli stipendi in relazione alla produttività aziendale (il fatturato del 2018 è stato di 232,9 miliardi di dollari), attraverso la Uni Global Amazon Alliance. Jeff Bezos, fondatore, presidente e amministratore delegato della società di e-commerce che conta oltre 600mila dipendenti nel mondo, di cui circa 100mila in Europa e 9mila in Italia, parla di: «Un esercito di clienti fedeli (cento milioni) e destinati ad acquisti ben oltre le fatidiche giornate – capaci comunque di generare fino a sei miliardi di fatturato stando a iniziali proiezioni – e che sono la vera nuova manna per il futuro business della regina dell’e-commerce e Internet» (Sole 24 Ore).