Gli anni, che vanno dal 1979 al 1984, sono anni apparentemente insignificanti da un punto di vista dei risultati, ma ricchi invece di elementi idonei a porre i fermenti per contribuire all’evoluzione ed al cammino dell’ Unione Europea. Un’ analisi attenta degli eventi di questi anni permette di cogliere le caratteristiche positive del periodo.
Proprio nel 1979, all’inizio cioè della fase, che si sta prendendo in considerazione, si realizza un’iniziativa molto importante, che coinvolge tutti gli abitanti degli stati della CEE. Dopo quasi due decenni di discussione, proposte, ordini del giorno, dubbi, riserve qualche contestazione, finalmente nel periodo, che va dal 7 al 10 giugno 1979, si tengono le prime elezioni del Parlamento europeo. Sono elezioni a suffragio universale, quindi tutti i cittadini europei aventi diritto al voto sono chiamati ad eleggere i propri rappresentanti in un organismo, il Parlamento, per dare un imprimatur democratico alla CEE, che fino a questo momento è solo espressione di istituzioni o di organismi dei singoli stati.
Non si deve dimenticare che il Parlamento comunitario, che già c’è, non è espressione della volontà popolare, ma è nominato dai parlamenti nazionali. Questa consultazione dei cittadini per la nomina dei deputati europei rappresenta dunque una novità molto significativa. Ecco qualche dato: sono 410 i membri di questa assise, che avrà sede a Strasburgo. Germania, Francia, Italia e Regno Unito hanno diritto a 81 posti ciascuno, mentre all’Olanda ne toccano 25, 24 al Belgio, 16 alla Danimarca, 15 all’Irlanda e 6 al Lussemburgo. Va fatta una precisazione: il numero complessivo dei posti sarà destinato ad aumentare, nel momento in cui nella CEE entreranno altri stati, resteranno invariate le assegnazioni degli stati, che partecipano alla prima elezione. Un altro dato statistico significativo di questa prima consultazione europea si ricava dall’esame dell’affluenza al voto: la percentuale di votanti è del 65%, con una punta massima in Belgio con il 91% ed una minima in Gran Bretagna con 33%.
L’elezione del Parlamento europeo apre però una serie di questioni, che non sono state precisate in precedenza, perché non vi è una visione condivisa da tutti gli stati per quanto riguarda le sue competenze. Va subito chiarito che , mentre nelle singole realtà statali ai parlamenti spetta il compito di legiferare, al Parlamento europeo non è assegnata questa specifica funzione. Del resto fino a questo momento a questa assise è assegnato un mero ruolo di rappresentanza di istanze nazionali, senza effettivi poteri di azione, se si esclude la possibilità di esprimere pareri o orientamenti non vincolanti. I primi mesi di lavoro parlamentari sono pertanto dedicati alla ricerca di una identità e soprattutto sono dedicati ad un dibattito sulle proprie prerogative. Non sarà un dibattito inutile, perché tutti i parlamentari sono concordi nel lavorare per definire l’autonomia e soprattutto le competenze. Una prova di questa volontà si trova nella decisione del Parlamento europeo alla fine dei primi mesi di attività, quando il Parlamento boccia il bilancio preventivo della Commissione per l’anno 1980. Questa bocciatura rappresenta il primo atto di un percorso non solo per raggiungere una precisa definizione dei ruoli istituzionali, ma anche per legittimare il Parlamento europeo come assemblea costituente idonea a rivedere i trattati, dopo i primi vent’anni di vigenza.
Sempre nel 1979 in Inghilterra si verifica un cambio di governo: ai laburisti subentrano i conservatori e l’incarico di premier viene affidato il 4 maggio 1979 a Margaret Thatcher, che vuole immediatamente recuperare il prestigio del Regno Unito e nello stesso tempo vuole ridurre i contributi, che il suo governo deve versare alla CEE. Inizia per questo secondo obiettivo una vera guerra nei confronti della Comunità, tenendo atteggiamenti e comportamenti molto rigidi. In due consigli europei immediatamente dopo il suo insediamento alla guida del governo inglese, quello di Strasburgo del 21 e 22 giugno 1979 e quello del 29 e 30 novembre 1979, la Thatcher pone con forza il problema senza però ottenere nessuna risposta positiva. Analoga situazione si verifica nel consiglio di Lussemburgo del 27 e 28 aprile del 1980, nonostante il tentativo di mediazione di Francesco Cossiga, che preside la riunione nella veste di presidente del consiglio italiano e presidente di turno del Consiglio Europeo. In questo periodo va registrata una particolare attenzione del governo italiano per la questione europea. Nel secondo governo Cossiga viene istituito per la prima volta un ministero per le politiche europee, con Vincenzo Scotti come ministro.
La mancata adesione degli altri stati alle richieste del governo inglese crea una serie di difficoltà a livello comunitario: il settore più colpito è quello agricolo, perché vengono bloccati i prezzi del relativo mercato, in conseguenza dell’opposizione del Regno Unito. Solo nel novembre 1980 il Consiglio dei ministri degli esteri, riunito a Bruxelles trova una soluzione, definita il compromesso di Bruxelles, che la Comunità avrebbe iscritto nel suo bilancio una consistente quota del definiti britannico per due anni.
Per una completa visione della situazione del periodo, è doveroso sottolineare che la presenza della Thatcher nell’ CEE non solo porta ad una rinegoziazione del contributo inglese, conclusasi con un notevole beneficio per il bilancio della Regina, ma porta anche un contributo per un riesame della CEE come istituzione ed avvia un dibattito interno all’istituzione molto significativo, che merita di essere illustrato.
Il periodo in esame registra due iniziative che sostanzialmente producono come risultato non un documento e di conseguenza una revisione del trattato, ma un dibattito trasversale che coinvolge sia tutte le istituzioni comunitarie sia quelle dei singoli stati. La prima iniziativa è quella del ministro degli esteri della Germania Federale Genscher e del presidente italiano del Parlamento europeo Colombo. Pur partendo da presupposti occasionali diversi i due producono un unico documento con l’obiettivo di creare un’unione sempre più stretta; non si tratta di un vero e proprio trattato, ma di un atto aggiuntivo, articolato in tre sezioni:a) principi generali, b)istituzioni, c) prospettive. Il documento viene presentato nel Consiglio europeo di Stoccarda del 16 giugno 1983, ma sostanzialmente viene stravolto e quindi bocciato. Per evitare qualsiasi forma impegnativa la parola “atto” viene modificata in “dichiarazione solenne sull’ Unione Europea”. Per capire i motivi di tanta ritrosia ad accogliere il documento Genscher- Colombo si deve ricordare che in questi anni si stanno verificando cambiamenti politici significativi in due stati molto importanti della CEE: in Francia arriva il governo socialista del presidente Mitterand e nella Germania federale al governo socialdemocratico subentra un governo democristiano guidato da Koll. Questi cambiamenti certamente influiscono sulla sorte del documento presentato da Genscher e Colombo.
Nello stesso periodo intanto il Parlamento, anche sulla spinta propulsiva dell’italiano Altiero Spinelli, avverte fino in fondo la sua missione di essere l’assemblea costituente di una nuova Europa. Il dibattito che si svolge in aula e nei gruppi di lavoro è tutto incentrato su un nuovo trattato, che possa dare concretezza alle aspirazioni mai sopite dei federalisti, cioè su un trattato unico in sostituzione dei trattati in vigore, che preveda la trasformazione della Comunità in un’Unione vera e propria con tutte le caratteristiche della federazione. Il proget to prevede che a presiedere la nuova istituzione sia posto il Consiglio Europeo, vale a dire il consiglio formato dai capi di stato e di governo , considerato il vero motore dell’attività comunitaria con funzioni di indirizzo politico e con il compito di garantire la cooperazione. Al parlamento è assegnato il potere legislativo mentre alla Commissione è assegnato il potere esecutivo.
Questa proposta è approvata dal Parlamento il 14 febbraio 1984, ma non ha vita lunga, perché non viene neppure presa in considerazione dal Consiglio Europeo. Il 25 e 26 giugno a Fontainebleau infatti, pur avendo sul tavolo il documento Spinelli, approvato dal Parlamento, il Consiglio Europeo non lo esamina e sostanzialmente ne decreta l’archiviazione. Ormai è nato un nuovo asse franco-tedesco ed inizia l’era della collaborazione Mitterand- Koll.
Il governo francese di Mitterand dà un suo determinante contributo per la soluzione dei problemi legati al piano agricolo e quindi contribuisce a risolvere le controversie sempre aperte con l’Inghilterra. In questo periodo si ridefiniscono i contributi collegati all’agricoltura, nasce infatti la riforma della PAC (politica agricola comunitaria)e si introduce a livello generale un principio, destinato ad essere preso in considerazione anche nei tempi successivi. Il principio che viene introdotto è quello del “ giusto ritorno” . Con questa affermazione si vuole ribadire che ad ogni stato, che versa i contributi richiesti, deve essere garantito un risultato positivo, e quindi un ritorno, in conseguenza dell’azione comunitaria.
Per completo quadro della storia del periodo si devono richiamare alcuni programmi comunitari, che riguardano in particolare la ricerca, la cultura e la tecnologia. Per quanto riguarda la ricerca meritano una citazione particolare ESPRIT, che è un programma decennale che prevede la collaborazione tra industria, università ed istituti di ricerca con l’obiettivo di colmare il gap esistente tra gli stati della Comunità e gli Stati Uniti ed il Giappone, EUREKA che è un programma nel settore della robotica, dell’agricoltura marina e dei materiali nuovi per la costruzione dei motori. Per quanto r la cultura dopo un convegno a Venezia, nascono scambi culturali ed iniziative assai efficaci, tra queste merita di essere citato il programma collegato alle capitali della cultura. Per i giovani, tra i vari interventi, sono proposti programmi di formazione professionale (PETRA) ed ERASMUS (in un primo tempo destinato agli studenti universitari e poi esteso agli studenti delle scuole superiori).
Il periodo 1979-1984 è un momento della storia della CEE scarso, come detto all’inizio, di modifiche istituzionali, senza grandi passi avanti da un punto di vista comunitario , ma è un periodo denso di fermenti ed iniziative. Per avere un quadro definitivo e preciso si deve aggiungere che si registra anche un aumento del numero degli stati all’interno della Comunità. Il 1 gennaio 1981 entra nella CEE la Grecia, che aveva inizia la sua pratica di adesione nel lontano 1961. Il suo percorso di ingresso è stato bloccato prima dal colpo di stato dei colonnelli e poi, dopo la loro caduta, da una serie di perplessità dell’Italia, che teme la concorrenza nell’ambito del settore agricolo.
Anche Spagna e Portogallo in questi anni perfezionano la loro adesione e dal 1 gennaio 1986 saranno a tutti gli effetti membri della CEE. Bisogna inoltre registrare altre candidature alla Comunità : Turchia, Malta, Cipro e Austria.
Franco Peretti