Era il 22 dicembre 2016 quando arrivò il licenziamento dei 1.666 dipendenti di Almaviva della sede di Roma. Sono trascorsi due anni da quel giorno, che stabilì un triste e doloroso record: il più grande licenziamento collettivo italiano dell’ultimo quarto di secolo.
In questi ventiquattro mesi però, non molto è cambiato nella vita della maggior parte di quelle persone che lavoravano nel call center Almaviva di Roma. In tanti, infatti, stanno per fare il loro terzo Capodanno senza lavoro. “Siamo in grossa difficoltà, nessuno ci segue più, nessuno ci ricorda più, nessuno ci vuole materialmente più”. Si sfoga così Vincenzo Pellegrini, che, come molti suoi ex-colleghi, non è ancora riuscito a trovare lavoro. Attualmente vive con la Naspi (l’indennità di disoccupazione), ma anche questa tra pochi mesi finirà definitivamente. Tanti di quei lavoratori hanno aderito al piano di ricollocazione lanciato dall’Anpal e della Regione Lazio. Un progetto partito a meno di due mesi dal licenziamento collettivo con bonus occupazionali, incentivi all’auto-imprenditoria, assegno di ricollocazione e interventi di politica attiva.