• 5 Dicembre 2024
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Da studi medici: sbiancanti per denti a “rischio sorriso”

ROMA. I prodotti per sbiancare i denti non sono “senza macchia”: tre studi dimostrano che rovinano la dentina, la parte proteica del dente, sotto lo smalto, che dà forza al dente stesso. I tre studi saranno presentati dal gruppo di ricerca coordinato da Kelly Keenan, della Stockton University nel New Jersey, in occasione del meeting annuale dell’American Society for Biochemistry and Molecular Biology parte del 2019 Experimental Biology meeting in corso ad Orlando.

Finora le indagini scientifiche sull’effetto dei prodotti da banco per sbiancare i denti si sono concentrate soprattutto sullo strato più esterno del dente, lo smalto, senza però considerare gli effetti di tali prodotti sullo strato subito sottostante, la dentina, fatta per lo più di proteine e in gran parte di collagene.

In questi studi gli esperti hanno condotto diversi esperimenti usando il principio attivo dei prodotti sbiancanti (acqua ossigenata) su fibre di collagene, su denti in provetta e sul materiale che costituisce la dentina. Ebbene è emerso che le fibre di collagene si disgregano nel giro di 10 minuti dal contatto con l’acqua ossigenata a dosi simili a quelle contenute nei prodotti sbiancanti in commercio.

Gli effetti sulla dentina si vedono anche trattando denti in provetta con il principio attivo dei prodotti sbiancanti. “Sebbene siano studi in vitro, e quindi da valutare con una certa prudenza specie sul fronte delle possibili implicazioni cliniche – sottolinea in un commento Cristiano Tomasi, dell’Università di Göteborg e membro della Società Italiana di Parodontologia e Implantologia -, queste ricerche pongono l’accento sul fatto che lo sbiancamento è una procedura che inevitabilmente comporta delle alterazioni della struttura dello smalto e della dentina. Bisogna però ricordare che queste alterazioni sono normalmente transitorie – continua l’esperto – poiché il dente è un organo che ha una sua dinamicità, e scambia sostanze con l’ambiente circostante. Quindi, ad esempio, è possibile indurre una ri-mineralizzazione del dente stesso. E’ interessante il fatto che nello studio sono state indagate le alterazioni della struttura organica del dente”.

Gli autori hanno posto l’accento sui rischi connessi alle procedure domiciliari di sbiancamento, quindi al fai-da-te, spesso molto pubblicizzate, spiega Tomasi. “Credo che, come sempre, ogni procedura vada valutata in termini di costo-beneficio, ove alla voce costi vanno aggiunti i rischi anche potenziali. Quindi – raccomanda l’esperto –, è importante valutare sia se lo sbiancamento sia effettuato in presenza di evidenti alterazioni del colore dei denti (sia congenite sia per cause diverse), sia se la procedura scelta potrà avere benefici concreti se effettuata correttamente”.

Uno sbiancamento che parta da una semplice auto-valutazione del paziente che pensa di avere i “denti scuri o gialli” spesso porta ad un eccesso di trattamenti con conseguenze anche sgradevoli, conclude Tomasi. Per la valutazione sulla necessità di questa procedura e sulla metodica più corretta ci si dovrebbe rivolgere ad un professionista che potrà consigliare se farlo e con quale approccio.

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