TORINO. Chi non conosce la storia del pastorello Davide che armato di una semplice fionda, si offre di combattere contro Golia, il temibile gigante alto tre metri, armato di una corazza di quaranta chili e di una lancia con una punta del peso di cinque chili, in guerra contro il popolo di Israele? Ebbene tutti sapranno quale sia stato l’esito della sfida: ossia che lo sfavorito giovane sconfigge il bruto filisteo.
La storia si è ripetuta ieri in ambito sportivo, l‘Ajax con una spumeggiante prestazione sconfigge 1-4 il Real Madrid al Bernabeu, stadio nel quale non aveva mai perso con più di due goal di scarto nella storia della Champions League. Un risultato che vale ancor di più se si pensa che la squadra surclassata ieri sera è la stessa che negli ultimi tre anni ha monopolizzato il torneo; nonostante il periodo grigio attraversato dagli spagnoli, sia in campionato che in coppa, questa è stata una vera e propria lezione di calcio. Gli olandesi giocano a ritmi intensi e non lasciano mai tirare il fiato ai padroni di casa: passaggi veloci, tanta corsa e giocate di alto, altissimo livello. I lancieri riescono ad esprimersi al meglio e a soggiogare il club più titolato al mondo, in uno stadio capace di incutere terrore a grandissimi campioni di questo sport, sono stati in grado di dimostrare che attraverso il “bel gioco” bene si può anche vincere. Complimenti a questi ragazzi che, per quanto possa sembrare un sacrilegio affermarlo, meritano tutti i paragoni fatti nelle ultime ore con l’Ajax degli anni ‘70.
Grandi demeriti vanno imputati anche ai blancos, in primis alla società che dopo l’addio di Zinedine Zidane ha gestito male il passaggio di guida tecnica : prima affidandolo a Julen Lopetegui, strappato alla nazionale spagnola in pieno periodo mondiale suscitando un polverone mediatico quasi ai livelli del calcio nostrano, a cui non è stato dato il tempo materiale di poter costruire il suo tipo di gioco ed esonerandolo dopo pochi pesi e poi per la gestione dei giocatori da parte dell’attuale allenatore, Santiago Solari, che ha destabilizzato un ambiente ribaltando le gerarchie in campo e provocando grandi dissidi tra i giocatori. Ma l’apice dell’inettitudine è stata raggiunta da un serio professionista come Sergio Ramos, capitano storico che, facendosi beffa di qualsiasi tipo di etica morale, ha scelto di farsi ammonire appositamente nella partita di andata contro gli olandesi per poter saltare l’incontro di ieri, valutando che la sua squadra avrebbe passato il turno agevolmente. Caro Ramos e caro Real un bel bagno di umiltà non ha mai fatto male a nessuno; questa è la dimostrazione lampante che nel calcio, come nello sport, i calcoli sulla carta non siano attendibili e che un minuto ed esile pastorello, armato di una semplice fionda, possa sconfiggere il ben più forte e favorito gigante Golia.
Davide Clivio