Avere un amico immaginario è uno scenario molto comune nei bambini, ma molti genitori tendono a preoccuparsi di questo. In realtà non vi è nulla per cui agitarsi, anzi, è un momento nella vita del bambino che va rispettato.
In genere un bambino si inventa un compagno di gioco tra i 2 e i 3 anni, anni delicati e che spesso coincidono con alcuni cambiamenti importanti (l’abbandono del pannolino, l’addio al ciuccio, l’ingresso alla scuola materna).
È un’età in cui il bambino sta diventando grande e sempre più autonomo, un’indipendenza che lo porta ad allontanarsi dai genitori e talvolta non sa come sfogare le proprie emozioni, positive o negative. Ed ecco che il bambino, quando non riesce bene ad esprimere come si sente, talvolta chiama in aiuto l’amico immaginario. Un amico che lo consola e lo aiuta ad affrontare la quotidianità nel modo più sereno.
Gli psicologi spiegano che l’amico immaginario, in genere, interessa il 60% dei bambini tra i 3 ed i 9 anni circa, nella quale il bambino ricrea in questo amico una particolare figura e nella quale ripone le proprie ansie, paure e preoccupazioni. È quindi una fase normale della vita dei bambini, ma è comunque bene interrogarsi sulle cause di questo evento.
Possono essere bambini che soffrono di solitudine o che vivono un momento difficile, come ad esempio la nascita di un fratellino, l’inserimento alla scuola materna o la separazione dei genitori. Questi sentono il bisogno di maggiori attenzioni, di essere compresi e confortati, qualcuno pronti ad assecondarli e ad accontentarli e chi meglio di un amico immaginario?
Gli esperti spiegano però che vi è da preoccuparsi se il bambino supera i 10 anni di età e continua a mantenere viva questa figura, escludendo i rapporti leali e la socializzazione con i suoi coetanei e mostrando un carattere chiuso e difficoltà nel relazionarsi con altri bambini. In quei casi è consigliato consultare il pediatra e, se necessario, uno specialista.
La figura dell’amico immaginario è molto importante per un bambino, perché gli permette di manifestare le sue emozioni, senza reprimerle. Molto spesso il piccolo potrebbe raccontare che cosa pensa o cosa prova il suo amico e questo è il suo modo per dare voce a quello che lui ha dentro, prendendone le giuste distanze. Tale amico gli serve per non essere ferito e per non sentirsi esposto e non è “un caso” se questo nasce in un momento in cui il bambino vive un grande stress.
In questa figura invisibile il piccolo ritrova la sua sicurezza e trova consolazione ed ascolto, questa gli dà una certa forza e non lo lascia mai solo. Questo amico ha la funzione di rassicurarlo ed accompagnarlo nella sua quotidianità, quando i genitori non sono presenti o quando non si sente capito come vorrebbe.
L’invenzione dell’amico immaginario rappresenta quindi una soluzione creativa a cui il bambino può ricorrere per far fronte ai suoi conflitti e per colmare uno specifico vuoto nel suo sviluppo personale. Risulta più facile proiettare le proprie paure e le speranze in un amico immaginario e comunicarlo in questa forma piuttosto che esternarle direttamente, quindi questo amico può comunicare in modo indiretto sentimenti ed emozioni troppo intensi.
Non bisogna pensare che questa figura sia una versione sostitutiva di compagni reali e non va confuso l’uso nevrotico dell’immaginazione con quello sano. Si tratta semplicemente del bambino che usa la sua fantasia per creare un amico su misura, che lo aiuta a risolvere i problemi. In questo modo il piccolo imparerà più facilmente a tollerare le frustrazioni del mondo reale e a rifugiarsi ogni tanto nel suo mondo immaginario, dove i suoi desideri più profondi possono venire esauditi.
Gli esperti spiegano che giocare è una delle attività principali per i bambini e li aiuta a scoprire il mondo. I bambini vivono di fantasia ed immaginazione e non c’è nulla di sbagliato nell’avere un amico che solo loro possono vedere e con cui possono giocare. È un po’ come parlare con peluche e bambole o come giocare di parlare al telefono senza ricevere risposta.
Non c’è quindi da preoccuparsi, si tratta semplicemente di uno dei tanti prodotti dell’immaginazione, della fantasia e della creatività dei bambini. Anzi, il bambino si crea un amico su misura con tutta la sua creatività, che non discute e che agisce come lui, al contrario dei genitori o degli amici reali.
L’amico immaginario è una sorta di alter ego del bambino, che lo aiuta ad esprimere le emozioni che normalmente non riesce a comunicare. È un amico che lo fa sentire protetto in ogni situazione e lo aiuta a proiettare le proprie paure, cercando di affrontarle in maniera creativa.
In passato la presenza di questa figura nella fantasia dei più piccoli era collegata ad un sintomo di una mancanza di affetto, mentre negli ultimi decenni si tende a sottolineare che il bambino tende ad inventare questo personaggio per averlo sotto controllo e non si presuppone alcun sintomo di disturbo.
Vi è però da allarmarsi quando il bambino ad una certa età continua ad avere questo amico, sembra triste o con un carattere chiuso e si rifiuta di giocare e di relazionarsi con i suoi coetanei. In questo caso sarebbe necessario rivolgersi ad un professionista.
I bambini giocano e per farlo sono soliti usare l’immaginazione, la fantasia e la creatività e non c’è nulla di male in questo, anzi. Ma vi sono delle età in cui un bambino può utilizzare la propria fantasia per inventare un amico immaginario. In genere questo compare intorno i 2-3 anni di vita del bambino e potrebbe protrarsi fino ai 9 anni di età circa.
Ma per quale motivo i bambini hanno un amico immaginario? Gli esperti spiegano che le motivazioni possono essere molte, ma in genere questo compare in un momento di fatica per il bambino (la nascita del fratellino oppure l’inserimento alla scuola dell’infanzia) e in cui sente di aver bisogno di maggiori attenzioni, di essere ascoltato e sostenuto.
L’amico immaginario nasce come compagno con cui condividere interessi, segreti e sentimenti, si tratta di un amico su misura che lo aiuta ad affrontare al meglio le sue paure più grandi e la sua quotidianità.
Sarebbe opportuno consultare un professionista solo nel caso in cui un bambino mantenga in vita questa figura oltre i 10 anni di età, si isola, si chiude in se stesso e non si relaziona con i suoi compagni.
Valeria Glaray