• 22 Novembre 2024
  • ECONOMIA

La psicologia alla base dei cambiamenti nei consumi degli italiani

L’incertezza derivante dall’attuale situazione geopolitica penalizza i prodotti Doc, Igp e Stg, mentre l’eredità dell’emergenza sanitaria favorisce prodotti locali, biologici e arricchiti. A testimoniarlo il Centro di ricerca EngageMinds Hub dell’Università Cattolica di Cremona

Non è certo un mistero il fatto che le abitudini di consumo e di acquisto siano la cartina tornasole di atteggiamenti e tendenze di carattere psicologico, e che avvenimenti macro condivisi dai più possano condizionare e influenzare similmente il comportamento di individui appartenenti a una comunità. Il Centro di ricerca EngageMinds Hub dell’Università Cattolica di Cremona ha condotto un’osservazione sulle tendenze di consumo legate agli effetti degli accadimenti storico-sociali degli ultimi anni (dalla pandemia fino alla guerra russo-ucraina).

L’analisi è stata condotta su un campione di oltre 6.000 italiani, rappresentativo della popolazione per sesso, età, appartenenza geografica e occupazione. Lo studionel suo complesso fa parte di un Monitor continuativo sui consumi alimentari e sull’engagement nella salute condotta dai ricercatori dell’EngageMinds Hub (Michele Paleologo, Lavinia Schiavone Lorenzo Palamenghi, Greta Castellini, Serena Barello, Mariarosaria Savarese, Guendalina Graffigna), che rientra nelle attività del progetto CRAFT (Cremona Agri-Food Technologies) e di Ircaf (Centro di riferimento Agro-Alimentare Romeo ed Enrica Invernizzi).

Crescono i consumi dei prodotti a Km 0, in calo Doc, Igp e Stg

Dall’interrogazione si è disegnato un quadro dei trend di consumo. Nei primi mesi di quest’anno, il 61% dei cittadini italiani ha dichiarato di aver consumato prodotti a certificazione europea di qualità, ovvero Dop, Igp e Stg. Una quota che va ben oltre la metà della popolazione, ma in calo rispetto a un anno prima (64% a marzo 2021) e soprattutto ai dati rilevati nel corso del 2020 quando si viaggiava attorno al 70 per cento. A fronte di questo trend, sono saliti invece, dal 49% di marzo 2021 al 54% di oggi, i consumi di prodotti alimentari a ‘Km 0’, creati e venduti cioè localmente.

Guerra: il consumatore guarda più al prezzo che alla qualità

Avere dati in trend è importante – sottolinea la professoressa Guendalina Graffigna, Ordinario di Psicologia dei consumi e della salute e direttore dell’EngageMinds Hub, il Centro di ricerca dell’Università Cattolica di Cremona che da inizio pandemia sta conducendo un monitor continuativo sugli atteggiamenti e comportamenti degli italiani in tempi di Covid-19 –. Dal punto di vista psicologico la discesa del consumo di prodotti Dop può essere ascritta al clima di incertezza derivante dallo scoppio della guerra russo-ucraina. Il consumatore ha timori sulla situazione economica e ‘disinveste’ in qualità, puntando più sul prezzo dei prodotti alimentari”.

E i dati del Centri di ricerca della Cattolica di Cremona sono lì a dimostrarlo: il 74% del campione rappresentativo della popolazione italiana, dichiara che nel fare la spesa guarderà alle promozioni, e l’81% considererà primariamente il prezzo. Percentuali in netta crescita rispetto alle rilevazioni dei mesi precedenti.

consumi italiani

Pandemia: crescono ‘bio’ ed ‘enriched’

Del resto, come spiegano all’EngageMinds Hub, anche l’incremento del consumo dei prodotti a ‘Km 0’ è indice di comportamenti a base psicologica; questa volta derivanti più dagli effetti dovuti alla pandemia da Covid-19: il fatto che l’infezione sia scoppiata in Cina, e dunque in un contesto ‘esotico’ rispetto al nostro ci porta a considerare come più sicuri i cibi provenienti dalla nostra area di riferimento.

Il tema della sicurezza degli alimenti è probabilmente anche alla base dell’incremento dei consumi di prodotti biologici, che vengono acquistati dal 42% dei consumatori italiani, la percentuale più alta da quando – nel marzo 2020, cioè a inizio pandemia – è iniziata questa rilevazione.

Altro trend di grande interesse riguarda i prodotti ‘arricchiti’, cioè che vedono nella loro formulazione l’aggiunta di qualche principio nutrizionale universalmente accettato come benefico per la salute, tipicamente vitamine o sali minerali; ma anche acidi grassi polinsaturi e proteine.

Prima della pandemia – spiega la professoressa Graffigna – solo il 27% della popolazione dichiarava di acquistare abitualmente prodotti ‘arricchiti’. Nelle rilevazioni che abbiamo effettuato regolarmente a partire da fine febbraio 2020, cioè a pochi giorni dal ‘Paziente 1’, questa percentuale è cresciuta costantemente fino a raggiungere, nelle scorse settimane, quota 37%, con un incremento di dieci punti. La ragione dal punto di vista psicologico è data dalla convinzione che un cibo arricchito possa favorire il funzionamento del sistema immunitario e dunque difenderci meglio da Covid-19”.

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