Il presidente del Consiglio incassa il sostegno del capo dello stato e va avanti sull'aumento delle spese militari nonostante il no dell'M5s
Il presidente del Consiglio Mario Draghi tira dritto sull’aumento delle spese militari al 2% del pil. Un intervento che vale alcuni miliardi di euro, visto che al momento le risorse investite in armamenti ammontano all’1,6%. Manca quindi uno 0,4% del pil per arrivare alla quota stabilita nel 2014 con gli altri partner della Nato.
Una linea condivisa con il presidente della Repubblica. Il capo del governo infatti, dopo la sua visita a Napoli ieri, seguito dall‘incontro-scontro con il suo predecessore Giuseppe Conte a palazzo Chigi, sale al Quirinale. Lo fa, non per minacciare dimissioni, ma per incassare il sostegno di Sergio Mattarella. Per l’ex presidente della Bce non ci si può sottrarre agli impegni con la Nato, pena il far venir meno il patto che tiene in piedi la maggioranza. Un avvertimento al leader del Movimento 5 stelle, che ripete il suo no ad un eventuale voto sull’aumento delle spese belliche, facendo infuriare Draghi e mettendo in allarme l’Europa per il rischio di una crisi di governo in Italia nel bel mezzo della guerra in Ucraina.
Tutto nasce dal decreto Ucraina, quello cioè che stanzia i fondi per gli aiuti umanitari e decide l’invio di armi a Kiev. O meglio, nasce dagli ordini del giorno, quegli strumenti parlamentari “minori” a cui di solito non si dà particolare peso: sono infatti “mozioni” che teoricamente impegnano il governo ad attivarsi o a portare avanti una certa politica, senza essere in alcun modo vincolanti. Ma il tecnicismo parlamentare questa volta nasconde una sostanza politica. Alla Camera, quindi, il decreto Ucraina incassa la quasi unanimità. E altrettanto accade all’ordine del giorno, presentato dalla Lega, che chiede il rispetto dell’accordo del 2014 con la Nato sulle spese per la Difesa. Il Movimento 5 stelle lo vota, poi ci ripensa: l’ala pacifista ha già dovuto digerire il sostegno armato all’Ucraina, avallare anche miliardi in più da impiegare in attrezzature belliche sarebbe troppo. Conte annuncia quindi il suo no ad un aumento immediato delle spese militari e scatta il piano di emergenza in vista dell’approvazione al Senato. Oggi il decreto è arrivato in Commissione.
La mossa che fa innervosire Conte è quella di Fratelli d’Italia: il partito di Giorgia Meloni presenta un odg che ricalca quello della Camera e le parole di Draghi. Il governo, per evitare di metterlo ai voti e incassare il no grillino, decide di accoglierlo. Il Movimento poi voterà domani la fiducia, se l’esecutivo sceglierà di metterla. Tutto risolto? No, perché Conte vuole ribadire la sua posizione e avere rassicurazioni in vista del prossimo Documento economico finanziario, la “mini manovra” di metà anno. E per farlo va ad incontrare Mario Draghi a palazzo Chigi. Anziché chiarirsi, il premier e il suo successore vanno allo scontro. Draghi ricorda a Conte gli aumenti alle spese militari decisi dai suoi governi, +17% durante le gestioni gialloverde e poi giallorossa. Il presidente 5 stelle replica sostenendo che, con il caro bollette e il rischio recessione, non ha senso spendere subito alcuni miliardi nel settore militare.
Difficile ora capire cosa accadrà. Il presidente del Consiglio sembra intenzionato a quantificare nel def i miliardi da mettere per le spese belliche, ma questo potrebbe portare il Movimento 5 stelle a pensare addirittura di non votarlo. Questo significherebbe quasi sicuramente una crisi di governo. Uno scenario preoccupante, se è vero che, mentre i “nemici” storici dei grillini, come Italia viva e Azione, vanno costantemente all’attacco di Conte e dell’M5s, dalle parti del Partito democratico si lascia trapelare una certa preoccupazione senza però esporsi troppo. Anche la Lega si limita ad un “Leali al governo, senza voler portare l’Italia in guerra e lavorando per la pace“.
Dal Movimento 5 stelle parte il fuoco di fila in difesa di Conte. Il sottosegretario all’Interno Carlo Sibilia da un lato getta acqua sul fuoco, “Abbiamo solo chiesto di posticipare le spese militari“. Ma dall’altro rilancia: “La maggioranza degli italiani è d’accordo con noi“.