Per la scuola questi sono giorni caldi o, se si vuole, settimane roventi. Le manifestazioni conseguenti alla morte di Lorenzo, studente che stava facendo un percorso di alternanza scuola-lavoro, la decisione presa dal ministro Bianchi per la riorganizzazione degli esami di stato, le cariche della polizia durante le manifestazioni studentesche sono tre eventi che hanno scaldato l’ambiente scolastico offrendo segnali di un ambiente in fase di deterioramento, sul punto di esplodere da un momento all’altro.
A ben guardare molti sono gli eventi che fanno pensare a tempi che saranno dominati dalla contestazione studentesca. Se poi si guarda a certi striscioni contro il ministro Bianchi e contro il Presidente del Consiglio Draghi, si può affermare che contengono una rabbia, non solo mai vista in precedenza, ma anche foriera di tempi certamente non facili. Mi sembra utile fare qualche opportuna ed indispensabile riflessione.
Ho provato grande sofferenza nell’apprendere la morte di Lorenzo Parelli, uno studente che stava percorrendo un modulo del suo curriculum formativo. La morte di una persona così giovane, che guarda con speranza alla sua maturità, genera sempre profondo dolore. Questo dolore aumenta quando il decesso non è la conseguenza di una malattia, ma può essere – anche se nel nostro caso è tutto da verificare – causato da un errore umano.
Sulla drammatica morte dello studente sono state dette molte cose, tutte ora al vaglio della magistratura. Con fermezza dico che se esistono delle responsabilità, chi è responsabile deve portarne le conseguenze fino in fondo.
Fatta questa doverosa e puntuale considerazione, che rappresenta un mio preciso dovere come uomo e come cittadino, intendo invece fare qualche considerazione sull’alternanza scuola-lavoro, che subito è diventato argomento di contestazione da parte di diverse associazioni studentesche che, partendo dalla morte di Lorenzo, hanno trattato elementi per protestare contro l’alternanza scuola-lavoro.
Mi sembra che in questo caso si stia commettendo un grave errore di valutazione, che sarebbe interessante, ma soprattutto utile, esaminare nelle varie assemblee di istituto. Non va innanzitutto dimenticata la motivazione che ha generato la normativa sull’alternanza. È una motivazione molto seria: esaminando i percorsi scolastici delle scuole medie e superiori, a suo tempo si scoprì un profondo scollamento tra mondo della scuola, con i suoi percorsi didattici, e il mondo del lavoro e delle imprese, con le sue esigenze di professionalità.
In base a questa situazione fotografata da diverse indagini e in base anche ad una serie di sollecitazione dell’Unione Europea, lo Stato italiano decise di agire in due direzioni.
La prima: viene dato incarico al governo – e nella fattispecie al ministero dell’istruzione – di procedere alla revisione dei programmi per introdurre moduli didattici utili a garantire agli studenti momenti formativi più legati alla realtà imprenditoriale di oggi.
La seconda: al fine di rendere meno astratta la formazione, il Parlamento introdusse delle norme idonee a istituire dei momenti di esercitazione concreta, garantendo nella sostanza allo studente la possibilità di perfezionare i propri studi con una sua presenza in aziende, che svolgono attività in sintonia con il curriculum scolastico dell’allievo stesso. Ovviamente il tutto organizzato con dovuto collegamento tra scuola ed impresa. Con una sottolineatura: in questo modo l’imprenditore diventa docente e quindi è chiamato a svolgere un ruolo attivo nella preparazione del giovane.
Non desidero in questa sede riprendere una serie di riflessioni fatte anche su questo giornale in altre circostanze. Mi basta qui richiamare solo un concetto: il modulo di alternanza richiede un lavoro di preparazione ed un’attività di monitoraggio, perché non solo vanno definiti gli obiettivi da raggiungere, ma nello stesso tempo va verificato il percorso affinché lo spirito della legge – che gli studenti ma anche che gli insegnanti e gli imprenditori dovrebbero conoscere bene – prevede per lo studente il compito di assistere, seguire, capire senza mai sostituirsi al lavoratore incaricato di un certo processo all’interno dell’azienda.
Purtroppo si deve ammettere che non sempre le cose sono state attuate nel rispetto delle norme. Se così è, allora non bisogna condannare l’istituto dell’alternanza scuola-lavoro, ma bisogna eliminare le storture che hanno generato negli studenti la convinzione che questo modulo scolastico non serva a nulla, anzi che rappresenti lo sfruttamento del lavoro degli studenti. Tutte le situazioni che hanno dato adito a questo tipo di valutazione sono da condannare in modo categorico.
La tragica morte di Lorenzo deve allora diventare un’occasione, nel ricordare il triste evento, per costringere tutti i soggetti interessati a riflettere sull’alternanza scuola-lavoro e per verificare, partendo da una lettura consapevole delle norme, il rispetto o meno del dettato legislativo.
Un altro argomento oggetto di contestazione è l’esame di stato. In questi giorni infatti il ministro Bianchi, dopo aver detto qualche settimana fa che il suo orientamento per gli esami di stato era quello di confermare le procedure attuate con un positivo risultato l’anno scorso, ha trasmesso per il dovuto parere al Consiglio Superiore dell’Istruzione una bozza di ordinanza con alcune modifiche rispetto alle sue anticipazioni.
Dal testo inviato per il parere si ricava che non solo, come in diverse circostanze anticipato, ritorna la prova scritta di italiano, unica a livello nazionale, ma che è anche prevista una seconda prova, non unica però, ma confezionata dalle singole commissioni d’esame. Questa seconda prova rappresenta una novità relativa. Prevista infatti negli esami di maturità prima della pandemia, era stata eliminata nel passato anno scolastico.
Inutile dirlo: la bozza di ordinanza ministeriale è stata subito contestata dagli studenti. Questa volta però il dissenso non è solo degli allievi. Chi scrive, pur avendo stima per il Ministro, è dalla parte di chi dissente. Il titolare del dicastero, Patrizio Bianchi, ha sostenuto che l’adozione del provvedimento trova una sua logica giustificazione nel fatto che si deve dare un esempio concreto del ritorno alla normalità della vita scolastica. Affermazione sacrosanta e condivisibile.
A mio avviso forse si poteva dare prova concreta di questa intenzione predisponendo in questi giorni l’ordinanza, ma rinviandone la concreta applicazione nel prossimo anno scolastico. In questo modo da un lato si offriva dimostrazione di una concreta volontà favorevole al ritorno immediato alla normalità, ma nello stesso tempo si evitava un elemento che ha suscitato perplessità negli operatori e contestazioni negli studenti.
È infatti buona cosa che le regole del gioco debbano essere stabilite all’inizio della gara e quindi è buona e corretta procedura che i caratteri dell’esame finale siano stabiliti almeno prima dell’inizio dell’ultimo anno del percorso didattico. Forse c’è ancora il tempo di una mediazione in questi giorni. Sono del resto profondamente convinto che dare prova da parte dell’autorità del rispetto di questo principio è un importante esempio educativo, perché rappresenta un esempio di correttezza che rappresento un puntuale contento del complesso dei diritto – doveri di cittadinanza.
Sull’argomento prima di chiudere, desidero comunque dire ancora qualcosa, spezzando anche una lancia a favore del Ministro. Dalle carte, in altre parole, dall’ordinanza relativa agli esami di Stato, ricavo un dato.
Mi sembra che il Ministro nella sostanza, pur avendo scelto quella che lui chiama la via della fermezza per tornare ad una sicura normalità, concretamente però ha offerto agli studenti maturandi una scialuppa di salvezza, legata alla proprio tanta contestata seconda prova. Questa infatti non viene inviata da Roma, non è unica in tutta Italia. Viene preparata dalla Commissione d’esame. Se si tiene conto che la Commissione d’esame è formata dai docenti del corso, si capisce allora che il testo di questa verifica in qualche modo è già stato sperimentato dagli allievi e, di conseguenza, l’esecuzione della prova stessa non rappresenta il salto in una “selva oscura”, ma diventa un percorso con una serie di segnali ben precisi e facilmente interpretabili. È quindi doveroso riconoscere le buone intenzioni di Bianchi.
Prof. Franco Peretti
Esperto di metodologie formative